SULLA TENEREZZA
Si svegliò non appena il giorno aprì gli occhi . Si alzò da letto... stami, petali, foglie, lenzuola pallide, luci agonizzanti. E mentre il corpo gli usciva riposato dai recessi del sonno, sentì una indescrivibile, verginale tenerezza per tutto ciò che vedeva in quella bianca casa, sul monte dirimpetto che tra garze fluttuanti inghiottiva le ultime ombre, sul mare, che trasalendo dolcemente faceva dileguare gli ultimi sogni da quell'azzurro deserto. Sospirò e rabbrividì benedicendosi gli occhi, il corpo intero che, eretto, convalidava tutto il mondo all'intorno. Recava sul corpo gli impercettibili segni della sacralità del sonno e del sogno, e volle carezzarlo teneramente per risvegliare in esso la gioia raggiante;, la luminosa estasi di esistere. Si toccò le guance, il petto e le gambe con tenera familiarità, poi, tolto il catenaccio alle porte, la luce si riversò all'interno della casa fluttuando delicata, silenziosamente. Allora udì il mare che lo chiamava e andò giù a incontrarlo. Rimase dinanzi a esso, nudo e ignaro, abbandonandosi all'ebbrezza serena che gli sgorgava dalle viscere. Quanti doni inestimabili lo adornavano! Il colore, ancora molto scuro, delle sue acque dalla carne azzurra ed esposta, la purissima linea dell'orizzonte, corda di un'angelica chitarra tesa sull'immensità, il cielo totalmente aperto nel momento dell'esaltazione divina. Silenzio e gioia, felicità al sommo grado. Alba. Camminando sui ciottoli, sentì che la loro frescura gli faceva sussultare il cuore, palpitare le viscere, scricchiolare tutte le giunture del corpo. Le fessure del cuore e i vuoti dell'esistenza non gli si erano mai rimarginati in maniera tanto improvvisa e perfetta. Non si era mai sentito così in accordo con l'intero Creato. Dio gli parlava con il Suo silenzio. E allora, come una lancia di cristallo, sulla riva del mare cadde il primo raggio di sole, proprio il primo, l'unico. Cadde e colpì dolcemente, con tenerezza, una bianca pietra levigata. E la pietra, onorata, brillò, stendendo al sole un anello d'argento. Ammutolito per la gioia, si chinò sulla pietra, la sollevò dal suo giaciglio, si mise a guardarla, se l'appoggiò a una guancia - una pietra millenaria unita da un moto di tenerezza all'uomo di breve durata, caduco, che comanda sul mondo, mentre il Tempo e la Morte comandano su di lui. L'amicizia fiorisce con il bacio, l'uomo e la pietra in un abbraccio. Tutto ciò che osservava intorno a sé provocava in lui uno stillicidio di tenerezza. Il Creato non gli era mai sembrato così perfetto, così eloquente. I due uccellini che eran passati volandogli silenziosi sopra la testa, i piccoli insetti che si agitavano fra i ciottoli, tutto stabiliva con lui un rapporto privilegiato. Sentiva una sollecitazione di tenerezza da ogni cosa e per ogni cosa, per le acque suggestive del mare inesauribile, per le ermetiche pietre, per le garrule piante che proprio in quel momento schiudevano il cuore mostrandolo nudo, per tutte le cose verginali che i sensi gli offrivano e che egli poteva toccare, carezzare, conoscere. Era Adamo a cui, in un mattino non ancora sfiorato né dalla memoria né dal passato, il Creatore affidava i segreti della Sua creazione. Perché egli lo potesse guardare, se ne potesse rallegrare con tenerezza e rispetto.
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la comparsa della
tenerezza nella vita dei mortali costituisce il suggello dei "valori" della vera
civiltà dell'essere, della cultura del cuore. Questo secolo feroce che volge al tramonto
ha, sì, inaridito i cuori con la scelleratezza collettiva e individuale, ma ha anche
dissodato un terreno segreto dove la tenerezza potrebbe germogliare. E mentre questo
secolo memorabile tramonta, l'epoca violenta e mostruosa da esso prodotta s'ingigantisce e
s'insinua nel secolo avvenire con impeto spaventoso, devastando le anime, alterando il
clima temperato che era garanzia di una armonica convivenza tra gli uomini. Le anime hanno
fame e sete di tenerezza e di cuori disinteressati. Insieme alla terra e al cielo anche
l'uomo profondo viene devastato, inaridito, semplificato, limitato alle funzioni
assolutamente vitali e affrettate di un sommario procedimento animale, di esistere o di
non esistere. Così la vita cessa di essere veramente vita e la morte smarrisce la
suggestione della sua prospettiva misteriosa e misterica, celebrante e officiante. Questa
epoca feroce costringe l'uomo a vivere una vita neutra in cui tutti gli elementi vitali
che stanno alla base dell'esistere consapevolmente, giudicati superflui, vengono limitati,
recisi e, alla fine, abrogati. I rami segreti del cuore sui quali fioriva improvvisamente
la tenerezza, quale preziosa gloria "superflua", si atrofizzano, seccano. L'uomo
perde in misura sempre maggiore la sua poliedricità e gli attributi più significativi
della sua identità.
Gettato nella vita "utile", è assetato di tenerezza. Tutto il creato è
assetato di tenerezza. Dio stesso ne è assetato.
Agosto 1996
Da: Kostas E. Tsiròpulos: Sulla tenerezza, Servitium Editrice, Bergamo 1999, (trad. dal neogreco di M. Giachetti)