IL MONDO DI OMERO

di Christos Malevitsis

In Omero vi sono due mondi, quello esteriore, storico, e quello interiore, del mito. Bisogna fare una netta distinzione tra questi due mondi se vogliamo comprendere quanto sia stato importante il contributo di Omero perché l'uomo si rendesse consapevole dell'esistenza. Nell'Iliade viene descritto il mondo esteriore, geografico e storico, e i suoi rapporti con il mondo interiore. Nell'Odissea viene descritto il mondo interiore del mito, e i suoi rapporti con quello esteriore.

Nell'Odissea, per esempio, il mondo esteriore è rappresentato da Ilio, dai Ciconi, da Itaca e da un prolungamento di questa in Pilo e Sparta. Nient'altro. Il resto del mondo percorso da Ulisse è il mondo dell'anima. Così Omero con i suoi due poemi epici descrive ciò che era reale. Intensamente reale è il mondo esteriore dell'Iliade, così come intensamente reale è il mondo interiore dell'Odissea. E non è casuale che l'Iliade alluda a un luogo, mentre l'Odissea allude a un'anima, che è quella di Ulisse.

Vediamo com'è per Omero il mondo dell'interiorità umana. Questo mondo si muove tra due estremità. Da un lato vi sono Zeus-Poseidone, dall'altro lato i Ciclopi-Feaci. Un asse è verticale, divino. L'altro è orizzontale, umano. Le estremità costituiscono le massime antitesi dialettiche. Zeus è il dio del cielo mentre Poseidone è il dio delle profondità marine. I Ciclopi rappresentano la totale assenza di civiltà mentre i Feaci sono la civiltà perfetta. Tuttavia queste due antitesi sono unite tra loro da stretti legami. Zeus e Poseidone sono fratelli. Anche i Ciclopi e i Feaci sono parenti. Quale antenato comune hanno Poseidone. Prima che si separassero abitavano nello stesso luogo. (Omero è stato il precursore della dialettica di Eraclito). Così Omero stabilisce la unità piena e fondata del campo della interiorità. La forza potentemente centripeta della ispirazione omerica, la quale si manifesta anche in altri settori indica che il concetto omerico diviso, ma nel contempo unitario e universale, è testimonianza della organicità della sua visione spirituale. Questa organicità è il prodotto della vita dello spirito e rivela la legge unitaria che governa tutto. Ma questo costituisce già il superamento del mito. Omero non ci ha tramandato semplicemente dei miti. Ci ha tramandato il logos del mito. Qui sta la sua genialità e la sua immensa cultura. Aprì la strada alla filosofia e alla tragedia.

Per questo la regione della interiorità è tenuta connessa dalle estremità Zeus-Poseidone e Ciclopi-Feaci. Le peripezie di Ulisse avvennero in questa regione esistenziale. Il suo vagare è la descrizione, l'esplorazione, la rivelazione di questa regione.

Delineiamo queste forze organiche che governano l'interiorità dell'esistenza.

Poseidone è il dio del mare, delle oscure profondità marine, dell'elemento indifferenziato, è il caos dal quale emergerà il mondo. Questo elemento ha una sua gravità ontologica, per questo non ammette la differenziazione, e quando essa si manifesta, la perseguita. Ulisse, che mira alla differenziazione per il perfezionamento di se stesso, viene costantemente perseguitato da Poseidone. L'Olimpo ha stabilito che Ulisse ritorni a casa, ma Poseidone gli è sempre di ostacolo. Una volta gli affonda persino tutte le navi con i suoi compagni. Tale è la irresistibile attrazione della gravità ontologica verso il caos primordiale, verso la uniformità, verso il sonno dell'essere e le tenebre. Colui che si ribella alla uniformità per essere illuminato quale persona nota nella patria della sua meta, soggiacerà a molti tormenti. Proprio perché dovrà combattere le forze della gravità.

I brutali Ciclopi corrispondono al Poseidone abissale. Essi sono le prime mostruose conformazioni dell'abisso, e anche il loro occhio, il loro unico occhio, è simbolo di uniformità. Due significa differenziazione. È il primo passo verso l'esistenza. Poiché essi non hanno leggi, non coltivano la terra, non hanno contatti con il dio del cielo Zeus, non vivono raggruppati in insediamentivv. Polifemo, l'antropofago, è figlio di Poseidone. Quando Ulisse cavò l'occhio a Polifemo, rese vana la potenza dell'abisso che lo teneva prigioniero nella caverna del Ciclope che era pronto a divorarlo.

Abbiamo detto che l'altra estremità di questo mondo interiore è dominata dai Feaci i quali vivono in una società civile pienamente organizzata e caratterizzata dalla gentilezza, dall'amore e dalla gioia di vivere. Questa gente, originaria del paese dei Ciclopi, raggiunse il punto più alto di civiltà. Il loro re si chiamava Alcinoo, cioè forte d'intelletto, e la loro regina Arete, virtù. Presso di loro prevale il logos, la ragione, e anche per questo incontriamo nella loro isola per la prima volta un aedo (Demòdoco, cantore cieco che vive alla corte di Alcinoo, Od., VIII, 8, 44, 106, 254, 262, 472, 478, 483, 486, 487, 537; XIII, 28), e qui Ulisse narra la propria decennale peripezia ai suoi illustri "ajpolovgou"" (Od., IX, I ss.). Se la terra dei Feaci rappresenta il traguardo del cammino della interiorità umana, non significa che sia anche la fine dell'uomo spersonalizzato. È necessaria anche la conquista dell'altro lato/estremità dell'esistenza. Ma mentre il cammino percorso dai Feaci dalle tenebre dei Ciclopi alla luce è una linea retta, il procedere dalla interiorità alla esteriorità avverrà con un balzo, in maniera portentosa, passando attraverso una morte iniziatica. Con la magica nave dei Feaci.

I Feaci, possedendo l'estremo segno della interiorità, divengono il passaggio verso il mondo della esteriorità. Per questo quasi tutti i loro nomi sono marinari: Nausitoo (Od., VI, 7), il loro capostipite, figlio di Poseidone e di Perìbea (Od., VII, 57). Nausicaa, Echèneo (Od., VII, 155; XI, 342), Acròneo (Od., VIII, 111), Nautèo (Od., VIII, 112), Primnèo (Od., VIII, 112), Prorèo (Od., VIII, 113), Eretmèo (Od., VIII, 112), Ochìalo (Od., VIII, 111), Anfìalo (Od., VIII, 114, 128), Eurialo (Od., VIII, 115 116, 127, 140, 158, 396, 400), Pontònoo, araldo di Alcinoo (Od., VII, 179, 182; VIII, 50, 53), Clitòneo, figlio di Alcinoo (Od., VIII, 119, 123) ecc.

Anche i Feaci sono sotto il dominio di Poseidone, non solo perché sono suoi discendenti, ma anche perché quando egli si adirò con loro quando fecero passare Ulisse dall'altra parte, pietrificò la loro nave in modo che il porto fosse chiuso da un monte (Od., XIII, 149-177). Tale è la forza di attrazione dell'abisso.

Del resto, nel regno di Poseidone gli altri dei dell'Olimpo non hanno voce in capitolo. Soltanto nell'isola di Circe appare il messaggero dell'Olimpo, Ermete verga d'oro (Od., X, 276) per salvare Ulisse dagli incantesimi della maga, e soltanto ai confini del regno di Poseidone, cioè a Scheria, che è il nome della terra dei Feaci, appare la dea Atena camuffata da pastorello (Od., XIII 190 ss.) per aiutare Ulisse. Atena appare nella sua qualità di dea a Ulisse soltanto a Itaca. Atena, quale dea della saggezza, nata senza madre dalla testa di Zeus.

Nel regno di Poseidone, invece, prevalgono le madri, l'elemento femminile, come magia e terrore, come salvezza e distruzione.

La città dei Feaci è paradisiaca perché è mitica. La città degli Itacesi è problematica perché è storica. Ma è quella che preferì Ulisse, passando dal Mito al Logos, la Ragione.

Da Efthyni, 286, 1995, pp. 501-503.
Trad. dal neogreco di Mauro Giachetti.