EVA MODINOU

 

IL DORSO DEL MARE IGNOTO

Il dorso del mare ignoto

si stendeva all'orizzonte

quando la brina mattutina ci avvolse

mentre un merlo scuoteva il becco ambrato

                                     nel firmamento

dai tronchi bianchi scendevano uccelli

alla sorgente per guardare il nostro rispecchiarci

il levigato passaggio della nostra giovinezza

lieve tra la morte parallela.

Patto nel komboschini del tatto

pungolo dell'amore che lambì l'aria

e raccolse nell'inondazione di sole semi

aprendo il sentiero tra il fogliame.

Il sentiero che non seguimmo

una minima curva della strada più avanti

sempre fuori tuttavia dalla strada.

Non lo seguimmo legati

come il grumo di denso sangue nella vena

come il cuore nel fermento d'una sensazione

                               che talvolta s'impietra

e allora tutti i modi sono impraticabili eccetto uno.

Il destino ha mostrato il suo invincibile aspetto

ha plasmato l'unica forma

e il passo procede verso la rovina

delineatasi già prima della nascita.

Trad. di Mauro Giachetti


 

MICHALIS PAPANTONOPOULOS

 

GLI ABISSI DEI GELSOMINI

Ci svegliammo negli abissi

Là dove crescemmo

Tra i giacinti

Liberi e luminosi

Così almeno credevamo

E da lì non ce ne andammo mai.

Che illusione! Che inganno!

Qualunque cosa facessimo

Vivevamo nel vuoto, nella rovina

Soli, sepolti vivi

Senza sogni, senza speranza

Che una mano ci traesse

Lontano dal nostro incubo,

Che ci strappasse dal nostro passato guasto.

Che dolore! Quale speranza illogica!

Chi ci vedrà?

Chi ci darà importanza? Siamo semplicemente gli uomini

D'un dirupo soffocato dai giacinti

Che nullità! Che inesistenza!

Trad. di Mauro Giachetti


 

 

ELENI PAPPA'

SERA

Sui monti scarlatti della sera

un silenzio turchino si libra

come nube d'un altro mondo;

ora sbiadita, gremita di cupa frescura.

Sugli alberi di rame

la sera reca uccelli.

Poi giunge Selene grave cheta

fosforescenze da ogni parte appende

vitrei fuochi accende

e tutto affonda

nell'argenteo sapore dei sogni.

 

OGNI VOLTA

Ogni volta che guardavo

me stessa allo specchio

vedevo sempre un'altra.

 

L'UCCELLINO

                       Tenir son vol assez haut,

                             pour que l'aile y ait son but.

                                                    Paul Eluard

L'idea d'un uccellino in gabbia

mi tormenta;

– alcuni bramano le ali

mentre altri le hanno e non lo sanno.

Vorrei offrir loro un albero al sole

una porta che s'apre nel vento.

«Non ha mai imparato a volare,

la libertà lo annienterà»

Eppure l'idea d'un uccellino in gabbia

m'angoscia

– se non voli a che serve essere uccello

o si vola o si muore

come si può dissipare la propria musica

in una prigione

quando fuori si scatenano le fronde

e gli orizzonti prometton viaggi azzurri

– o voli o muori .......

le ali servono a solcare i venti,

per innalzarsi nei cieli.

L'idea d'un uccellino in gabbia

mi tortura;

rifletto con sgomento sul mio ruolo

forse sono anch'io una gabbia

per il mio vicino,

per me stessa,

e la libertà, chi l'ha mai avuta

per un attimo solo

tutta intera?

Qual è ora la libertà

che sognavamo

qui dove fummo intrappolati

e nascemmo

in questa gabbia dalle sbarre di invisibili

non richieste, non volute, Dio mio,

come questo uccellino

 

SOLO

Basta un uccellino

per colmare un albero di musica.

Una speranza

perché una morte si trasformi in vita.

 

Trad. di Mauro Giachetti