231 ANNI DALLA NASCITA DI

IOANNIS VILARAS

(1771-1823)

 

 

    Ioannis Vilaràs nacque nel 1771 a Gianina, in Epiro, dove trascorse quasi tutta la vita. Studiò medicina a Padova e quando ritornò nella città natale, fu assunto alla corte da Alì di Tepelèn – pascià musulmano albanese ribelle alla Sublime Porta –, come medico personale di suo figlio Velì. Nella sua qualità di medico Vilaràs doveva seguire Velì in tutte le spedizioni militari in Macedonia, in Tessaglia, nel Peloponneso. Quando l'armata del Sultano assediò Gianina nel 1820, Vilaràs fuggì, come la maggior parte della popolazione greca della città, e si rifugiò in un villaggio nella regione di Zagori, dove morì in solitudine e in povertà nel 1823.

    Egli visse lontano dallo splendore delle corti dei principi danubiani di Valacchia e Moldavia, in una città relativamente piccola, sì, ma che nel periodo in questione era un centro intellettuale considerevole e nella sua scuola greca vi insegnavano maestri insigni.

    Nel 1814 pubblicò a Corfù, un libro intitolato Romèiki glossa (Lingua romeica = greco moderno), che conteneva anche alcune sue poesie, e alcune traduzioni da Platone, Anacreonte e  Tucidide. Sostenitore a oltranza del volgare, Vilaràs aveva premesso a queste traduzioni una breve nota a difesa delle sue rivoluzionarie teorie ortografiche e morfologiche, e dedicava l'edizione all'erudito Athanàsios Psalìdas (1767-1829), che in quel tempo era preside della scuola greca di Gianina, ed era anch'egli un gran sostenitore della dimotikì, la lingua volgare.

    Avendo studiato a Padova, dove si era laureato in medicina nel 1797, Vilaràs aveva subito l'influenza dei movimenti culturali italiani vigenti alla fine del Settecento, soprattutto i modelli più fecondi prospettati dall'Arcadia. E infatti fece entrare nella sua poesia la nuova maniera – di palese provenienza arcadica – caratterizzata da toni semplici e delicati. Nella edizione postuma degli opere di Vilaràs, eseguita nel 1827, vi è anche una traduzione della Batracomiomachia omerica, interessante soprattutto per lo stile della versificazione.  Tra i suoi testi satirici sono degni di menzione i suoi Caratteri che prendono come modello quelli di Teofrasto e le Favole esopiche che sembrano essergli state ispirate da Pignotti e Clasio più che da La Fontaine.

 

Mauro Giachetti

 

BIBLIOGRAFIA

 

BRUNO LAVAGNINI, La letteratura neoellenica, Firenze/Milano 1969

MARIO VITTI, Storia della letteratura neogreca, Torino 1971

LINOS POLITIS, Storia della letteratura neoellenica (in greco), Atene 1979

K. TH. DIMARAS, Storia della letteratura neoellenica (in greco), Atene 1985