CINEMA

Nikos Papatakis o "Il pastore del disordine"

di Josette Doron

I cinque film di Nikos Papatakis Gli abissi, 1963, I pastori del disordine, 1967, Gloria Mundi, 1975, La foto, 1986, L'equilibrista, 1991, non sono noti al pubblico francese come meriterebbero. Questo cineasta, nato nel 1918 in Etiopia, lasciò giovanissimo Addis Abeba per venire a Parigi dove aprì La rose rouge, un famoso cabaret della rive gauche, e a Parigi ha ambientato anche alcuni dei suoi film più significativi. Questo greco della diaspora ha prodotto anche Canto d'amore, di Jean Genet, e co-prodotto Shadows con John Cassavetes.

Il 1967 è l'anno del colpo di stato che instaurò la dittatura dei Colonnelli in Grecia. Messo in cantiere prima dell'avvento al potere di questi ultimi, I pastori del disordine creano molte noie al loro autore quando comincia a girarlo. Quella dittatura mette fine a molte speranze. Contemporaneo del Kieron di Dimos Theos, della Lettera aperta di Ghiorgos Stambulòpulos, il film di Papatakis conosce come quelli amare delusioni. La censura è a vigile. Il Festival di Salonicco viene sommerso dalla tetraggine e nel 1968 il suo direttore Pavlos Zannas viene persino messo in prigione. Nel dicembre 1967, il tentativo abortito di re Costantino di rovesciare i Colonnelli non fa che aggravare la situazione.

I pastori del disordine, proiettato in Francia nel 1967, in Grecia nel 1974, è ambientato in un paesino greco i cui abitanti svolgono un ruolo primordiale. Il pastore, di ritorno in Grecia dopo un tentativo fallito di trovar lavoro in Germania, sogna di partire per l'Australia. Urta contro le reticenze di sua madre, della cui vecchiaia egli è il sostegno, e contro quelle del suo amico d'infanzia che gli sgozza le bestie per impedirgli di partire prima che lui non abbia finito il servizio militare. Il pastore si ribella e porta via con sé la figlia del suo padrone. Si creano dei rapporti conflittuali che di fatto rimandano a quelli tra due classi sociali. Essi saranno risolti soltanto nella violenza di uno scontro. E d'altronde il film termina con un colpo di stato militare.

Cosparso di vetriolo da un greco della diaspora, questo ritratto della provincia greca ci rende curiosi. È un'opera lirica di un naturalismo selvaggio in cui si frammischiano le strutture della dominazione patriarcale, la rivolta e l'amore folle. Nikos Papatakis è un cineasta audace, emarginato e singolare in un epoca in cui la produzione nazionale si limita in genere a riprodurre i generi costanti e a ubbidire agli imperativi di mercato. Ma sembra che né I pastori del disordine, né il film di Ado Kyrou Bloko, che è contemporaneo, abbiano esercitato una influenza considerevole sul cinema greco moderno. Entrambi innovano sul piano della tematica, su quello dei mezzi di espressione. Papatakis viola i codici narrativi ammessi dal pubblico del momento. Papatakis e Kyrou ricostituiscono, ognuno a modo suo, la vita del popolino. Papatakis risale alla tradizione drammatica greca (tragedia antica, commedia bucolica), inserisce nella sua opera la necessità di un cambiamento sociale, di una rottura violenta con le forme tradizionali della società greca. Il suo sguardo è lucido, dà prova di coraggio e di audacia. Quali erano in effetti gli slogan della Giunta dei Colonnelli? Patria, Famiglia, Chiesa. Papatakis li denuncia giustamente. Una patria, quella che costringe a emigrare? Una famiglia, quella che stringe i suoi membri nei suoi tentacoli, quella in cui il padre è sulla via dell'incesto, e nella quale Thanos intrattiene rapporti ambigui con suo cugino? Una Chiesa, quella in cui ricchi e poveri celebrano la Pasqua, dunque la Risurrezione, in due Chiese diverse, secondo riti diversi?

Gloria Mundi che risale al 1975, non ha lasciato un ricordo imperituro. Ma lo stesso non si può dire de La foto che esce nel 1986. In questo momento, la nuova legislazione sul cinema è stata finalmente approvata, ed essa prevede un sistema di sostegno, un aumento dei crediti, una riorganizzazione del Centro del cinema greco e la ristrutturazione del Festival di Salonicco. E si distinguono due film: L'apicultore di Anghelòpulos, e La foto di Papatakis.

Ritornato per la seconda volta in Grecia nel 1986, Papatakis narra i vicoli ciechi della politica e dell'economia che costringono per disperazione all'emigrazione e alla truffa, mentre occultamente si esasperano i conflitti tragici dell'amore e della colpevolezza. Il personaggio principale del film, Ilias Apostolu, è un giovane pellicciaio che è stato in dissidio con la Giunta. Nel 1971 se ne va a Kastorià con la foto di una giovane incontrata per caso in strada. Più tardi s'imbarca per la Francia dove raggiunge un cugino. Ieràssimos, il solitario, vive a Parigi dal 1950. Ma non si vede mai niente della Ville Lumière, appare soltanto il mondo chiuso dei pellicciai. Ilias chiede a Ieràssimos di aiutarlo a trovare un lavoro. La fotografia fa nascere un malinteso che Ilias conserva: egli fa passare la sconosciuta per sua sorella che chiama Eftychìa-Felicità. Ieràssimos s'innamora follemente di Eftychìa-Felicità e vuole ritornare in Grecia per sposarla. Ilias si trova ormai in un tragico ingranaggio che conduce alla catastrofe. Eccone la spiegazione implicita: per combattere la frustrazione, la mancanza, non resta che la forza dell'illusione, la menzogna, la messa in scena dello spazio del desiderio, la figura onirica di Eftychìa-Felicità. Anche quella foto rinvia a una assenza. Ma il dramma è governato dall'erotismo: quando Ilias deve preparare la casa che divide con Ieràssimos per Eftychìa-Felicità che non esiste, prepara un futuro dal quale sarà escluso. Papatakis è prigioniero della sua propria messa in scena. La fine tragica lo testimonierà: il ritorno al paese sarà saldato da un assassinio, atto d'amore.

Nikos Papatakis rispetta le unità di luogo e di tempo, ma talvolta, per essere chiaro, semplifica gli elementi della narrazione e i tratti dei personaggi. In altri momenti cade nella dismisura e nella esagerazione. Segue un percorso difficile, andando dalla tragedia alla commedia bucolica per finire, ne La foto, ai margini del feuilleton popolare e quasi a quelli del fotoromanzo. Alcuni tocchi di un surrealismo assai particolare aggiungono valore al film. L'equilibrista uscirà nel 1991.

Nikos Papatakis, questo greco della diaspora, questo greco tout court, che ha conosciuto l'espatrio, la dittatura e i suoi effetti perversi, la rivolta contro le disuguaglianze sociali, contro i costumi gretti della società greca tradizionale, è molto moderno. Sta a noi accordargli il posto che merita tra i numerosissimi cineasti del suo paese. Sguardo lucido, etica ammirevole, passo sicuro e provocante, totale assenza di compiacimento, sono queste le espressioni che permettono, credo, di definire meglio la sua originalità e la sua arte. In un clima di oppressione nel senso più ampio del termine, Iàkovos Kambanelis, ad esempio, si esprime con l'humour e la tenerezza, ma troviamo in questi due uomini lo stesso spirito di libertà e la stessa esigenza di solidarietà.

Da Bulletin Franco-Hellenique, n° 27, primavera 1998, pp.20-21.

(Trad. dal francese di M. Giachetti)