A proposito di NIKOS KAZANTZAKIS
EBBREZZA DI LIBERTÀ
di Néstoras Matsas
Dissi al mandorlo:
Fratello, parlami di Dio...
E il mandorlo fiorì.
Così Kazantzakis. E noi, parafrasando queste sue belle parole, possiamo dire:
Dissi a Kazantzakis:
Parlami di Dio.
Ed egli disse: LIBERTÀ.
L'opera di nessun altro scrittore, antico o contemporaneo, è stata tanto intrisa di libertà. Della nozione di Libertà... Della passione per la Libertà... Della coscienza della Libertà.
Oggi, sulla soglia del 2000, l'uomo inquieto rompe tutti i suoi legami e si lancia nello Spazio. Non so se può gridare: "Sono libero" come il profetico Kazantzakis, ma almeno tenta di sentirsi libero. Questo tentativo è la caratteristica più significativa del nostro tempo. E anche se non ha la forza di conquistare la Libertà assoluta, la sua lotta per avvicinarsi a essa lo rende degno di essa. Fatto sta che la Lotta, senza inizio né fine, è un elemento della filosofia di Kazantzakis.
Lotta finché puoi. Anche oltre le tue forze. Fino all'ultimo battito del tuo cuore.
Stringo in mano un pugnello di terra cretese, come fece Kazantzakis nel corso dei numerosi anni del suo esilio volontario. E in questo pugnello coesistono indissolubilmente Creta e i cretesi. Creta e Kazantzakis insieme, coppia consustanziale e indivisibile, concepiscono la Libertà come una regola di vita e come una idea.
È straordinario che un pugnello di terra possa contenere tante cose, tante cose essenziali, eppure è possibile. Questo pugnello di terra cretese va, come Creta, oltre la nozione convenzionale dello spazio, poiché vi sono racchiusi non solo passato, presente e avvenire, ma anche il mondo intero con le sue angosce e la sua sete. Con la sua ricerca di libertà che non gli viene imposta da cause esterne bensì intime.
Percorro continuamente il mondo intero per le mie ricerche etnografiche. L'Oriente e l'Occidente. Vago dalle rovine viventi di Troia dove mi trovavo recentemente, ai centri spaziali più avanzati. Sento la parola forte nella sua semplicità del mio fratello primitivo ai confini del Tetto del mondo o nelle profondità dell'Oriente. Ovunque incontro Kazantzakis, il creatore del ribelle Zorba e della pia Ascesi. Dell'illuminante Lettera a El Greco e del suo atemporale fratello di latte: Ulisse.
Se gli elementi di base dello studio della storia dell'uomo dei tempi moderni sono la ricerca e l'angoscia - una ricerca e una angoscia smisurate, senza principio né fine - si tratta proprio dei nuclei della cosmogonia di Kazantzakis.
Dall'Odissea apprendiamo che "la morte è il sale che dà gusto alla vita". Nell'insieme di quest'opera il sale acquisisce altri due significati. La sete perenne: quella di conoscere Iddio che ha creato l'uomo o quella di conoscere l'uomo che ha creato Iddio. È l'angoscia legata a questo incontro. Un incontro che egli cerca ovunque disperatamente. Nel vuiaggio e nello studio... Nella fede assoluta e nell'assoluta miscredenza. Nella crocifissione delle sue idee e delle sue credenze a seconda delle epoche, nell'attesa della loro resurrezione che sarà nuova crocifissione. Con dei chiodi appuntiti, di quelli che da sempre fanno sanguinare il suo proprio cuore perché i suoi dei mutano continuamente volto senza "spegnere la sete".
Kazantzakis, più di ogni altro scrittore del nostro secolo, cammina al ritmo dei tempi nuovi. In alcune delle sue opere, egli è persino in anticipo su di essi. Nessuno scrittore contemporaneo, con l'insieme della propria opera vista nella sua quintessenza e non nelle sue forme esteriori, esprime con una maniera così intera e assoluita lo spirito dell'epoca attuale e - oserei dire - delle epoche future che tendono verso una completa e ultima libertà.
Mi trovo sulla soglia dell'anno 2000 e cerco di discutere con la gioventù inquieta di questo tempo che possiede già l'esperienza dello spazio. Il mondo intero è divenuto assai familiare a questa gioventù che sa che è possibile viaggiare facilmente su pianeti vicini o lontani. Essa ha certamente studiato l'Odissea diacroniuca di Kazantzakis, la quale credo sia l'opera letteraria più importante del secolo avvenire. Forse la nostra generazione non è ancora preparata per capirlo. Ed è chiaro che, col termine comprensione, intendo la maniera assoluta con cui ci avvicineremo all'instancabile inquietudine, all'identificazione totale con questa epoca. La gioventù del XX secolo sa che dietro ogni conquista della tecnologia avanzata vi è il gusto aspro della vanità e del nulla... D'altronde, per citare di nuovo Kazantzakis...
"Facciano la guerra perché ci piace.
Cantiamo anche se nessun orecchio ci ascolta.
Lavoriamo anche se la sera non c'è nessun padrone
che ci paghi ciò che ci spetta..."
(Ascesi)
Questa guerra, questo canto e questo lavoro che diventano un fine in sé a causa del bisogno profondo che abbiamo di "confermare" la nostra esistenza, anche nel corso di questo viaggio effimero della vita presente hanno origine dall'instancabile ricerca di Dio. Ma non nelle forme precise e nelle figure in cui la collocano le diverse religioni, ma nell'imperioso desiderio che prova l'Uomo di una grande potenza creatrice di vita, dell'Alfa e dell'Omega della creazione.
Non conosco nessun altro scrittore del nostro secolo che sia più teologico (nell'accezione più ampia e assoluta del termine) di Kazantzakis. Nelle sue pagine più dense, egli cerca Dio in ogni presenza visibile e invisibile. E lo incontra per cercarlo di nuovo un po' più tardi con grande passione.
Nella maggior parte delle sue lettere, egli termina con il seguente augurio:
"Dio sia con voi..."
Questa sete dell'Essere Supremo che egli offre come riconoscenza totale della vita dell'uomo e della sua lotta per la libertà, è il mio maestro, il grande e indimenticabile Panaghiotis Kanellòpulos. Nel documentario cinematografico in due parti che ho girato su Kazantzakis, faccio riferimento al documento prezioso costituito dalla testimonianza delle lettere scritte da Kazantzakis a Kanellòpulos, ognuna delle quali termina così:
"Dio sia con voi..."
Non si trattava di un'espressione puramente formale, ma di una testimonianza supplementare ed essenziale della sua sete e della sua ricerca, cose che per me caratterizzano la sia opera. Della stessa sete di accedere all'Alfa e all'Omega è ossessionato anche l'uomo dello spazio, il nostro fratello di domani... È noto che persino i migliori testi di fantascienza, diversamente da quanto asseriscono certi ignoranti, parlano di questa ricerca dell'Essere Infinito e tendono verso di lui. Si tratta di andare ancora più lontano, come negli "incontri ravvicinati del terzo tipo". In una nuova visione della Metafisica che qualificherei come metafisica dell'uomo dello spazio!
Da qualche parte in questo stesso mondo s'incontreranno l'assetato Kazamtzakis-Ulisse e il futuro Ulisse dello spazio. I due esprimono il bisogno della stessa ricerca e formulano la stessa domanda.
- Un po' d'acqua, un po' d'acqua per dissetarmi...
Le ultime parole dell'Ulisse cretese, cioè di Nikos Kazantzakis alla sua amata compagna Elena, come essa stessa ce la narra nella sua inestimabile testimonianza che arricchisce il mio documentario, esprimono questo stesso desiderio ardente: le chiede un po' d'acqua come l'Ulisse dello spazio e del tempo infinito.
Mi torna alla mente ora un momento della mia lunga tournée in Afganistan quando ero sulle tracce di Alessandro il Grande.
La nostra guida locale che pretendeva di essere di origine greca, mi condusse verso una gola terrificante sopra il fiume Kabul. Da una sorgente abbondante e inaccessibile sgorgava l'acqua come in una nuvola. Mi disse che era l'Acqua dell'Immortalità. Chi la beve non muore mai. Ma come arrivare al cuore di quello scosceso canyon?
Supponendo che nessuno abbia ancora bevuto di quell'acqua, è certamente lkei che ha bagnato le labbra di Ulisse-Kazantzakis. Egli ha chiesto un po' di quest'acqua a Elena prima di partire per il grande viaggio. L'uomo completamente libero di domani gliela reca in una coppa preziosa dalla porta del XX secolo. Con essa gli inumidisce le labbra e l'opera di Kazantzakis. Così, sempre giovane, con la stessa passione per la Lotta e per la Libertà, procede verso il Mondo di Domani...
Néstoras Matsas, scrittore e sceneggiatore, pittore e uomo della televisione, è assai noto in Grecia, particolarmente ad Atene dove risiede. Fece la sua comparsa sulla scena letteraria assai giovane con alcune pubblicazioni. È autore di una trentina di libri, di 200 documentari etnografici, di film. Fu il primo a fare delle trasmissioni culturali sull'arte e sulle tradizioni popolari. Nutre un particolare affetto per Creta. I suoi compagni prediletti sono Alessandro il Grande, Socrate, Pitagora, Papadiamandis. Gli dobbiamo anche delle pungenti testimonianze sulla sorte toccata agli ebrei durante la seconda guerra mondiale. È stato tradotto in numerosi paesi stranieri.
Da Bulletin Franco-Hellénique,
n° 29 autunno 1998, pp. 12-14
(trad. a cura di Mauro Giachetti)