GRAFFITI COMMEMORATIVI
Nel bel saggio di Christos Karuzos pubblicato in questo stesso fascicolo, vengono menzionate delle epigrafi incise dagli antichi per immortalare il ricordo di una loro visita in qualche luogo, consuetudine che si protrae tuttora, sebbene in maniera più arida, perché gli incisori di oggi si limitano a registrare i propri nomi, non avendo, forse, il tempo di pensare.
L'epigrafe di Zosimo, pubblicata in maniera esaustiva dal grande grecista Bruno Snell (AM 51, 1926, 160), si trova incisa sullo stipite settentrionale della facciata est del tempio di Poseidone, a Sunio, proprio al di sopra del nome di Byron (cfr. O Mentor, 24, 1993, 40). Sullo stipite meridionale della facciata est del tempio è inciso il ricordo jOnhvsimo" ejmnhvsqh th'" ajdelfh'" Crhvsth" (IG III, 3824). Entrambi gli stipiti sono pieni di graffiti, per la maggior parte moderni, eseguiti quando le pietre si trovavano ancora stese sul terreno.
L'epigramma rinvenuto da Nikòlaos Papadakis nella Doride, in località Vitrinitsa, e che pubblicò con numerose lacune, (AD 6, 1920/21, 151; SEG 3, 435), fu studiato di nuovo da Werner Peek (Mnemosynon Theodor Wiegand, München 1938, 28) e da Günther Klaffenbach. Il testo fornito da quest'ultimo (IG IX I², 3, 662) differisce minimamente da quello di Peek, ed è il seguente:
thvkomai w{st ejn o[resi
ciw;n dia; th;n katavcr[u]-
son Mnavsaron, wJraiv-
an ajphvtrian: w\ mevli, pol-
h;n mnhmosuvnhn sou
e[cw crhstoshvnh"
e{neken.
La consuetudine di incidere graffiti commemorativi come quelli di Sunio, o il proprio nome e quello di amici con aggettivi pieni di ammirazione, o anche esclamazioni e altre espressioni, la troviamo nel corso di tutta l'antichità. Il maggior numero di questo genere di epigrafi si trova nei gymnasia. I giovani, spinti soprattutto da motivi sentimentali o dalla emulazione, sono quelli che hanno lasciato il maggior numero di graffiti. Famosi sono i più di settecento graffiti del gymnasion di Priene, costituiti da ripetizioni dello stesso tipo e in ognuna delle quali cambia il nome dell'incisore: JO tovpo" jApolla' kai; Filivskou tou' Filivskou. In questo caso si tratta di due fratelli che incisero insieme la stessa epigrafe.
Questa consuetudine delle incisioni non è stata sempre tollerata. Plutarco (Peri; polupragmosuvnh" 11, 520 D-E) parla con disprezzo dei ricordi e delle varie incisioni:
Prw'ton me;n ou\n ajpo; tw'n bracutavtwn kai; faulotavtwn ajrxwvmeqa. tiv ga;r calepovn ejstin ejn tai'" oJdoi'" ta;" ejpi; tw'n tavfwn ejpigrafa;" mh; ajnaginwvskein, h] tiv duscere;" ejn toi'" peripavtoi" ta; kata; tw'n toivcwn gravmmata th/' o[yei paratrevcein, uJpobavllonta" auJtoi'" o{ti crhvsimon oujqe;n oujd' ejpiterpe;" ejn touvtoi" gevgraptai: ajll' "ejmnhvsqh" oJ dei'na tou' dei'no" "ejp' ajgaqw/'" kai; "fivlwn a[risto"" o{de ti", kai; polla; toiauvth" gevmonta fluariva"; a} dokei' me;n ouj blavptein ajnaginwskovmena, blavptei de; lelhqovtw" tw/' melevthn parempoiei'n tou' zhtei'n ta; mh; proshvkonta.
p. 196 |
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Da O Mentor,
28, 1993, pp. 195-196
Trad. dal neogreco di Mauro Giachetti