Storia dell'Arte: Luigi Galbiati - TIPOLOGIA DI ALCUNE ICONE

Luigi Galbiati

TIPOLOGIA DI ALCUNE ICONE

Una costante che si trova nelle icone sia elaborate nell'ambiente greco come in quello slavo, è il fatto che ognuna di esse si attiene ad un tipo tradizionale, per cui il personaggio o l'episodio rappresentato è facilmente riconoscibile. In più la tradizione esige l'iscrizione con i nomi dei personaggi e il titolo dell'episodio. Questa tradizione per alcuni tipi era già fissata al tempo di Giustiniano (come nei mosaici di Santa Sofia, sec. VI), altri si vennero elaborando dopo la crisi iconoclastica (717-780 e 812-842) tenendo presenti i principi teologici stabiliti nel Concilio Ecumenico VII (Nicea, 787). La tradizione si può dire fissata nel sec. XV anche per quanto riguarda la collocazione dei singoli soggetti iconografici nell'ambito dell'edificio sacro e, nei monasteri, nel refettorio, come si può vedere nei monasteri del Monte Athos. Non si tratta infatti solo delle icone portatili, ma anche degli affreschi sulle pareti. Un'opera tardiva, Ermeneutica della pittura  (JErmhneiva th'" zwgrafikh'")   di Dionisio di Furnà (inizio del sec. XVIII), vuol essere una direttiva per i pittori di icone; fu redatta in base a ciò che si era praticato da secoli. Lo scopo di questo articolo è la descrizione di alcuni tipi tradizionali di icone. Si tratta di particolari delle rappresentazioni di Cristo, di Maria, di Santi, di fatti evangelici, che differiscono da quelli abituali nell'arte occidentale, oppure in questa sono sconosciuti.

 

1. La SS. Trinità Tradizionalmente la SS.

La Trinità è rappresentata dai tre angeli ospiti di Abramo (Genesi 18). In questa teofania, già anticamente raffigurata nella basilica di S. Vitale a Ravenna (sec. VI), uno degli angeli parla non a nome di Dio, ma in prima persona, come Dio stesso, perciò essa fu interpretata da molti Padri come una manifestazione della Trinità. Per molti secoli in Oriente ci si astenne dal rappresentare l'Eterno Padre in figura umana, perciò l'episodio di Genesi, 18, servì in modo esclusivo a rappresentare il mistero Trinitario. Quando anche in Oriente, imitando l'arte occidentale, s'introdusse la rappresentazione del Padre in forma umana insieme con il Figlio, il Cristo, e lo Spirito in forma di colomba (come nel Battesimo di Gesù), l'episodio dei tre Angeli venne specificato come «la Trinità dell'Antico Testamento». Ben noto è il capolavoro di Rublëv nell'arte russa del sec. XV.


2. Diverse immagini di Gesù Cristo

  1. Il Pantocrator, cioè l'Onnipotente, famoso anche in Italia per i mosaici di Cefalù e di Monreale (sec. XII), è la figura tradizionale di Gesù solitamente a mezzo busto, con l'aureola in cui è iscritta una croce con le parole greche «ho ôn» (oJ w\n, Colui che è, come in Esodo 3, 14); la destra è in atto di benedire, la sinistra tiene l'Evangeliario chiuso o aperto, con scritte parole opportune del Vangelo. Occupa spesso il centro della volta della cupola maggiore.
  2. Il Salvatore: è simile al Pantocrator, se ne distingue per il contesto e l'espressione del volto. Il libro aperto riporta parole di consolazione, come «Io sono la luce del mondo, ecc.» (Giovanni, 8, 12), oppure: «Venite a me voi tutti che siete affaticati, ecc.» (Matteo., 11, 28). Altre volte la figura è completa, assisa sul trono. In genere la tunica è di colore rosso (il fuoco, simbolo della Divinità), mentre il manto è azzurro (simbolo della natura umana). Invece l'abito è bianco risplendente quando Cristo è rappresentato nella gloria della Trasfigurazione e della Risurrezione.
  3. Cristo Sommo Sacerdote: è rappresentato con le vesti episcopali del rito bizantino, il sákkos (corrisponde alla dalmatica imperiale) e l'omofórion, una fascia bianca segnata da croci (corrisponde al pallio del rito romano, ma è molto più largo e
    lungo: si avvolge sulle spalle e scende davanti e dietro). L'Evangeliario aperto riporta le parole dell'istituzione dell'Eucaristia: «Prendete, mangiate, questo è il mio Corpo, ecc.». Quando il Cristo Sommo Sacerdote porta anche la corona imperiale (la mitra bizantina è in realtà la corona dell'Imperatore, passata al Patriarca e poi a tutti i Vescovi dopo la fine dell'Impero bizantino) allora l'iscrizione lo caratterizza come «Re dei re e Signore dei signori» (Timoteo, 6, 15; Apocalisse, 19, 16).
  4. La Deisis (Devhsi", supplica), così è chiamata la raffigurazione di Cristo in trono, con alla sua destra la Vergine Maria a lui rivolta con le braccia alzate, curva in atto di supplica, e alla sua sinistra S. Giovanni Battista pure rivolto nello stesso gesto
    di supplica. Il Battista (cioè Battezzatore) denominato anche Pródromos, cioè Precursore, è riconoscibile dalla barba a cinque punte, dalla capigliatura incolta e dalle vesti. Talvolta è simbolicamente rappresentato con le ali, essendo riferite a lui le parole di Malachia 3, 1: «Ecco io manderò il mio angelo (cioè messaggero) a preparare la via davanti a me».
  5. e) Il Volto Santo di Gesù su un velo detto in greco Mandílion (mantile, sudario) è qualificato come achiropíito (ajceiropoivhto"), cioè non fatto da mano d'uomo, ma impresso miracolosamente. L'originale era conservato a Edessa, nella Siria settentrionale (oggi Urfa, in Turchia); per difenderlo da un'incursione di infedeli, era stato murato, coperto da un grande mattone. Quando lo si tolse dal nascondiglio, si trovò che il volto di Gesù si era riprodotto anche sul mattone (detto in greco keramída: mattone, tegola). L'icona, insieme con la keramída, fu trasportata a Costantinopoli nell'anno 944; la festa commemorativa di questo trasporto è celebrata il 16 agosto. Secondo la leggenda il fazzoletto, sul quale Gesù aveva impresso l'immagine del suo volto, fu mandato da Gesù stesso con una lettera al re di Edessa Abgar, che da quella reliquia fu guarito dalla lebbra. Il Mandílion è rappresentato molto spesso, sempre in posizione centrale. Nella fascia inferiore della cupola maggiore nell'interno della chiesa occupa il centro a oriente, mentre dirimpetto ad occidente è ripetuto come Keramída.>
  6. L'Emanuele: così è designata l'icona di Gesù fanciullo con riferimento alla profezia di Isaia 7, 14: il figlio della Vergine dovrà essere chiamato Emanuele, cioè «Dio è con noi». È rappresentato con la fronte alta e viso serio, tunica bianca e manto giallo dorato; con la destra benedice, mentre nella sinistra tiene il rotolo della rivelazione.
  7. Gesù Angelo del Grande Consiglio: si riferisce a Isaia 9, 5, come è reso nella versione greca (detta dei LXX): «Un bambino è nato per noi, un figlio è stato dato a noi... ed è chiamato Angelo del Grande Consiglio». È raffigurato come un giovinetto con le ali (l'aureola crociata con l'iscrizione chiarisce che si tratta del Cristo), vestito di bianco, ha le mani alzate a benedire. Solitamente la figura a mezzo busto è racchiusa in un nimbo con intorno i Serafini a sei ali.
  8. Gesù Bambino addormentato (in greco oJ jAnapeswvn), detto anche «L'occhio che non sonnecchia»: il Bambino, di circa tre anni, è sdraiato su un giaciglio rosso, con la guancia appoggiata sulla mano destra; il braccio sinistro è disteso lungo il fianco e la mano sinistra tiene il rotolo. Dorme, ma con gli occhi aperti. Lo veglia la Madonna e un Angelo agita un ripídio (ventaglio su un'asta). Talvolta vi si aggiunge un Angelo che presenta i simboli della passione (croce, lancia, spugna). L'iscrizione commenta il quadro con il testo di Genesi 49, 9: «Si è sdraiato e si è coricato come un leone», inteso in senso messianico, come in Apocalisse 5, 5: «Ha vinto il leone della tribù di Giuda». È anche commentato con le parole del Salmo 120, 4: «Non si addormenterà, non prenderà sonno il Custode d'Israele». Per questo lo si trova dipinto nella lunetta sopra la porta che dall'interno della navata introduce nel nartece.
  9. Il Bambino Agnello di Dio, è un tema eucaristico: il pane che si pone sul disco (o patena) per essere poi portato all'altare e consacrato, si chiama «Agnello»; le preghiere che accompagnano l'atto di ritagliare questo pane ripetono Isaia 53, 7: «Come un agnello fu condotto all'immolazione, ecc.». Il Bambino, parzialmente coperto da un velo rosso, è rappresentato adagiato sul disco liturgico, collocato su un altare quadrato, sotto un baldacchino, tra gli angeli con flabelli (ripídia) e turiboli. Si noti che l'immagine simbolica dell'agnello, nella sua forma di animale, era in uso nell'arte paleocristiana, ma in Oriente fu vietata dal cosiddetto Sinodo in Trullo (Costantinopoli, 691).
  10. L'Epitáfios: icona su stoffa, dipinta o ricamata. Rappresenta Gesù disteso sul lenzuolo funebre, con il solo perizoma; dietro sta la Madre piangente con l'apostolo Giovanni e la Maddalena; ai lati Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo nell'atto di prendere o di posare le estremità del lenzuolo; talvolta sono presenti altre pie donne con sullo sfondo la croce. Il nome Epitáfios sta per jEpitavfio" Qrh'no", cioè «Lamentazione funebre sulla tomba». Si riferisce ad una specie di lamentazione liturgica, detta anche «Enkómia», che fa parte dell'ufficiatura della sera del Venerdì Santo. L'Epitáfios viene dapprima posto sotto un baldacchino e coperto di fiori; alla fine dell'ufficiatura, dopo le «lamentazioni», viene portato in processione e poi deposto sull'altare. La   stessa immagine del Cristo disteso per la sepoltura è riprodotta sull'antimensio, simile al corporale del rito latino, ma contenente reliquie e sconsacrato dal vescovo. Si trova sempre ripiegato sull'altare e viene spiegato e disteso al momento dell'offertorio per deporvi il disco col pane e il calice col vino.


3. Diversi tipi di icone della Madre di Dio.

La Vergine Maria è rappresentata senza il Bambino soltanto quando è in composizione con altre figure, come nella Déisis e nelle scene evangeliche (Annunciazione, Crocifissione, ecc.). Altrimenti il suo appellativo di Theotókos (Genitrice di Dio) esige che sia raffigurata col Bambino in braccio o davanti al petto. La tradizione pittorica si è fissata su diversi atteggiamenti diventati tipici. Ecco i più comuni:

  1. La Odighítria, in greco JOdhghvtria: «Colei che fa da guida sulla via», è l'icona più antica, il cui originale era attribuito all'evangelista Luca. Maria con la tunica azzurra (simboleggia la natura umana) e il manto rosso o porpora (il fuoco, simbolo della Divinità: Maria è in stretto rapporto con il Dio fatto uomo, che le copre anche il corpo, porta una stella sul capo e su ciascuna spalla, simbolo della triplice verginità; tiene sul braccio sinistro il Bambino Gesù, mostrandolo con la mano destra, come per indicare di seguire Gesù che è la via (Giovanni 14, 5). Il Bambino dall'aspetto maturo e pensoso, rivestito con tunica e manto come un adulto, benedice con la destra, mentre nella sinistra tiene il rotolo della rivelazione.
  2. La Madonna della Tenerezza, detta in greco Glykofilússa, cioè «che abbraccia dolcemente», stringe a sé, guancia contro guancia, il Bambino che le tiene le braccia al collo. Famosa è l'icona di Vladimir, dalla città russa dove fu venerata per molto tempo; fu portata in Russia da Costantinopoli nel sec. XII. Il velo di tristezza sul volto di Maria fa comprendere anche l'altro nome di questo tipo di icone, la Eleússa, cioè «colei che ha compassione».
  3. La Madonna del Segno (in russo znamenie) di cui è un magnifico esemplare la «Nikopeia» (in greco: Vittoriosa) conservata in S. Marco a Venezia, è rappresentata con le braccia distese in atto di preghiera (orante), avendo davanti a sé, spesso racchiuso in un nimbo come fosse dentro il suo seno, il Bambino benedicente. La denominazione «del Segno» si riferisce al segno o miracolo proposto da Isaia 7, 14: «Il Signore vi darà lui stesso un segno: ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio e lo chiamerà Emanuele». Una variante di questa icona è chiamata in greco Platytéra, con riferimento a un inno liturgico - che riporteremo più avanti - dive si dice: «Dio ha reso il tuo grembo più vasto (platytéran) dei cieli».
  4. La Madonna della Passione: così si può chiamare l'icona che rappresenta il Bambino nell'atto di afferrare con ambedue le mani la mano destra della Madre, mentre volge il viso all'indietro per guardare un Angelo che gli presenta la croce con gli altri strumenti della Passione, come ad esprimere la coscienza del futuro destino e il turbamento, per cui si aggrappa alla Madre come un bambino in cerca di protezione. Come nell'icona della Tenerezza e a differenza della ieratica e teologica Odighítria, qui il sentimento si unisce all'aspetto dottrinale. È certamente una iconografia nota in Oriente (anche se tardiva): la si trova anche in un affresco del Monte Athos nel monastero Kutlumussíu, ma è molto diffusa in Italia col nome di Madonna del Perpetuo Soccorso. Le iscrizioni in greco che designano gli Arcangeli (qui sono due) Michele (con la lancia, la spugna e il vaso di aceto) e Gabriele (con la croce e i chiodi) rivelano l'origine orientale. L'affresco del Monte Athos porta l'iscrizione JH foberh; Prostasiva, cioè «La formidabile Protezione», forse per indicare che dà sicurezza contro ogni causa di spavento.
  5. Dei quattro tipi qui descritti esistono molte varianti, anche in composizione con altre figure. Esse portano anche altri nomi caratteristici, legati al luogo di origine, o alla città dove sono oggetto di venerazione e meta di pellegrinaggi, specialmente in Russia dove sono circa duecento le icone miracolose, con le relative feste segnate nel calendario liturgico.

4. Rappresentazione degli angeli.

Molto frequente specialmente in composizione con altri soggetti è l'immagine degli Arcangeli Michele e Gabriele, dall'aspetto giovanile e in vestimenti solenni. Spesso portano una lunga asta come scettro e un disco con iscritto il segno della croce o il monogramma di Cristo. Non esistono nell'arte sacra bizantina gli angioletti in forma di putti alati come nell'arte occidentale. Invece a significare simbolicamente la presenza degli esseri spirituali (ajswvmatoi: incorporei), sono raffigurati i Serafini con la sola testa e sei ali. Analogamente gli angeli detti Troni sono simboleggiati da cerchi, ciascuno dei quali è munito di quattro ali e molti occhi: i cerchi si presentano isolati o variamente intrecciati tra loro.

5. Alcune particolarità delle icone dei Santi.

Nel calendario liturgico bizantino sono venerati anche i Santi dell'Antico Testamento. I Profeti sono caratterizzati non solo dal nome ma anche da un cartiglio che tengono in mano, in cui si trova scritta qualche frase delle loro profezie, frasi attinenti al mistero cristologico. Sull'iconostasi queste icone sono collocate in serie, una parte a destra e una parte a sinistra di una icona centrale. Così anche la serie degli apostoli. L'icona centrale rappresenta la Trinità, o il Santo Volto, o la Déisis, o Maria con il Bambino. Le figure dei Profeti, come quelle degli Apostoli, sono rivolte verso l'icona centrale, presentate su tre quarti e alquanto chine verso destra o verso sinistra, a seconda della loro posizione rispetto all'icona centrale, verso la quale va la loro venerazione. Se prese isolatamente fuori della serie, come capita nei musei, non si capirebbe il perché del loro atteggiamento. Le icone che rappresentano un Santo sono talvolta circondate nel riquadro dagli episodi della sua vita. Degne di nota sono anche le icone del Menologio, il Calendario dei Santi e delle Feste fisse: esse presentano di seguito su molte linee come una scrittura le figure dei Santi e delle Feste di ogni mese. È la riproduzione su tavola degli affreschi che nel nartece raffigurano tutto l'anno ecclesiastico. Notevoli anche le rappresentazioni dei Concili Ecumenici sia negli affreschi della chiesa, sia su icone portatili. Infatti anche i Concili hanno la relativa commemorazione come Feste (sempre in domenica), in modo che il popolo è sollecitato a ricordare i fatti salienti della storia della Chiesa.

6. Alcuni particolari nelle icone delle grandi Feste.

Le singole icone delle grandi Feste vengono esposte al bacio dei fedeli nel giorno corrispondente su un apposito leggio (proskinitírion), talora sormontato da un piccolo ciborio (kuvúklion). Inoltre in numero di dodici formano una serie che si trova riunita sull'iconostasi quando lo spazio lo consente. Sono facilmente riconoscibili come episodi del Vangelo più la Pentecoste e la Dormizione di Maria. Ttuttavia alcuni particolari qui di seguito esposti, sono sconosciuti nell'iconografia occidentale:

  1. La Nascita di Gesù in un solo quadro comprende anche l'annuncio ai pastori e la cavalcata dei Magi in arrivo. Meraviglia la stretta fasciatura del Bambino nella grotta: è il simbolo della futura sepoltura. Meraviglia ancora di più la presenza di due donne che fanno il bagno al Bambino: è un particolare dell'apocrifo detto Protoevangelo di Giacomo; sono due levatrici che intervengono appunto per accertare che non c'era stato bisogno della loro opera.
  2. La Crocifissione rappresenta sotto la croce una specie di piccola caverna con il teschio di Adamo il quale, secondo una tradizione, era sepolto sotto il Golgota. È chiaro il simbolismo teologico, per il quale questo particolare appare sporadicamente anche nell'arte occidentale.
  3. La Risurrezione è raffigurata tradizionalmente mediante la discesa di Gesù vittorioso in veste sfolgorante nelle profondità dell'Ade, cioè negli inferi, nell'atto di calpestare le porte e le sbarre della Morte e di tendere la mano liberatrice ai Progenitori, mente attorno sono riconoscibili i giusti dell'Antico Testamento.   Risorgendo Gesù libera dai vincoli della Morte coloro che da secoli erano in aspettativa della Redenzione. Invece la rappresentazione di Gesù che sale fuori della tomba con un simbolo di vittoria è recente nell'arte sacra dell'Oriente, ed è copiata dall'arte occidentale. La Pentecoste rappresenta i dodici Apostoli assisi in cerchio su due file, lasciando vuota la sede centrale. Oppure nel centro è seduta Maria, la Madre di Gesù. Particolare sconosciuto in Occidente è la parte inferiore della scena: in una specie di oscura caverna che talvolta un'inferriata designa come prigione, è rinchiuso un personaggio in abito regale con la corona; l'iscrizione lo identifica col Mondo (oJ Kovsmo"). Egli tiene tra le braccia allargate una fascia contenente dodici rotoli (papiri arrotolati). È il Mondo prigioniero di Satana, in attesa della predicazione dei dodici Apostoli, la quale ha inizio appunto a Pentecoste.
  4. La Dormizione di Maria, distesa sul letto di morte alla presenza dei dodici Apostoli (come nell'arte occidentale), rappresenta Gesù che prende l'anima di Maria, raffigurata come una piccola bambina in fasce, mentre gli Apostoli celebrano il rito funebre con ceri e turibolo. Talvolta è aggiunta nella parte superiore dell'icona l'Assunzione corporale in cielo. Altro particolare non sempre presente: gli Apostoli che arrivano per via aerea, su nubi guidate da Angeli. In certe icone si trova anche il particolare che si riferisce piuttosto al trasporto funebre: l'ebreo che voleva precipitare nel torrente il sacro corpo, punito con avere le braccia spezzate e aderenti alla bara, secondo una narrazione apocrifa della Dormizione di Maria.
  5. La Presentazione di Maria fanciulletta al Tempio (festa del 21 novembre, anche nel rito latino del sec. XIV). La scena è presente anche nell'arte occidentale, con l'accompagnamento delle fanciulle con le candele accese e l'evidenza dei gradini su cui sale Maria incontro al Sommo Sacerdote. Tutti particolari dipendenti dall'apocrifo Protoevangelo di Giacomo. Sorprende la figura di Maria che si sporge dall'alto di una finestra per ricevere il nutrimento dalle mani di un Angelo: è un particolare dello steso apocrifo (II sec.) che già molto prima del Concilio di Efeso (nell'anno 431) esalta in tutti i modi la santità di Maria come creatura di eccezione.
  6. Notiamo che le feste sono celebrate liturgicamente col canto di composizioni poetiche ricche di immagini, di allusioni a fatti dell'Antico Testamento e di simbolismi. Alcune di queste composizioni sono state tradotte in immagini figurative. Tali sono le ventiquattro icone che rappresentano le ventiquattro strofe (oi[koi) nel famoso Inno Akáthistos (cioè, cantato in piedi) alla Vergine Maria. Tale è la complessa icona detta «In te ci si rallegra» ( jEpiv soi caivrei), che sullo sfondo di un grande tempio e degli alberi di un giardino (Paradiso) e con l'accompagnamento di Angeli e di una folla di devoti, rappresenta tutti i particolari dell'Inno a Maria (megalinario) che si canta nella celebrazione della Liturgia di S. Basilio (dieci volte in un anno).

Concludo con questo inno:
In te si rallegra, o piena di grazia, tutta la creazione:
la gerarchia degli Angeli e la progenie degli uomini;
o tempio santificato, o Gloria verginale,
è da te che Dio ha preso carne,
in te è diventato un piccolo bambino
Colui che il nostro Dio da prima di tutti i secoli.
Del tuo seno Egli ha fatto un trono
e ha reso il tuo grembo più vasto dei cieli.
O piena di grazie, in te si rallegra tutta la creazione.
Gloria a te.

Enrico Galbiati

 

SIMPOSIO CRISTIANO, Ed. Istituto di Studi Teologici Ortodossi "S. Gregorio Palamas", Milano 1994, n. 11, pp. 65-72.