COSTANTINO P. CHARALAMBIDIS

RAPPRESENTAZIONI ICONOGRAFICHE
DEL SANTO DENTRITE DAVID DI SALONICCO*

Figura centrale della schiera di dentriti cristiani costituisce il santo "David di Salonicco", mesopotamico di stirpe, cioè originario della parte settentrionale della regione tra i fiumi Tigri ed Eufrate, del V-VI secolo. All'inizio della sua carriera monastica condusse vita ascetica nel monastero di San Teodoro e Mercurio, quello soprannominato "degli incappucciati", nella parte settentrionale di Salonicco, vicino alle mura, dove c'era la porticina degli Aproiti, esercitandosi a reprimere il suo stomaco e a disprezzare l'egoismo. In seguito prese la grande decisione di praticare la vita ascetica all'aperto sopra un mandorlo, vicino al tempio del monastero. Nella medesima fonte agiografica viene riferito che restò per tre anni sopra il mandorlo per raggiungere, come il suo omonimo profeta David, in un triennio, probità, istruzione e saggezza.

In un altro punto della sua vita viene riferita la notizia di una discesa di questo eremita dall'albero dopo una visione e una conversazione con un angelo.

L'iconografia bizantina, volendo esaltare questo aspetto monastico e mettere in evidenza il modo della presenza ascetica del santo nell'ambito spirituale di Salonicco e di tutta la regione balcanica, ha lasciato in eredità al mondo contemporaneo alcune indicative e significative rappresentazioni iconografiche di lui. Dai più antichi documenti viene riportata una miniatura di un calendario dell'XI-XII secolo della (ex) Accademia Ecclesiastica di Kiev. L'albero, probabilmente un mandorlo, come viene riferito anche nel racconto agiologico, ricco di fogliame, si eleva su una piccola collina. Il santo David occupa la parte centrale dell'albero, seduto un ramo resistente, rivolto verso destra con tutta la positura del suo corpo. Nella mano sinistra stringe un manoscritto e con la palma aperta della mano destra esprime la sua proprietà ieratica. Lo sguardo fisso, la chioma bianca e la barba del medesimo colore lo rendono un asceta venerabile. L'esercizio della pazienza e dell'umiltà nonostante tutte le afflizioni del dentrite si incarna in questa concreta scena iconografica.

Costantinopoli e Salonicco sostennero principalmente il ruolo primario nella rappresentazione iconografica di questo dendrite in tutto l'Orbis Christianus Orientalis. Centri artistici del grande ed ultimo rinascimento, soprannominato paleologia del XIV secolo, il primo come capitale, il secondo come capitale associata della ideologia politica bizantina onorarono questo santo. Dalla chiesetta del monastero di Choras in Costantinopoli degli inizi del XIV secolo e in particolare nel secondo decennio del secolo, proviene l'affresco che rappresenta il santo David che si trova proprio in un nido formato dai rami e dal fogliame sulla cima dell'albero. Il tronco è nudo e nodoso. L'eremita in posizione frontale sembra che sia un po' al di sopra della cintola e porta un'aureola. Il suo abbigliamento è costituito da un abito monacale e da un cappuccio. La posizione delle mani è davanti al petto, con le palme aperte verso l'esterno, gesto ieratico nell'iconografia dei santi. La sua barba non è tanto lunga, come viene riferito nel testo della sua vita nelle espressioni per l'arte bizantina, dove viene descritto come un vecchio con barba fino alle ginocchia. La suddetta rappresentazione rassomiglia formalmente a scene di stiliti, come scrive P. A. Underwood, e confrontando le loro somiglianze rafforza questa tesi. Il tronco dell'albero corrisponde al palo dello stilita e il nido al colonnato e al basso recinto che circonda la figura seduta. La capanna alla quale fanno cenno i testi agiologici ma anche quelli innologici, non rappresenta l'edificio considerato, ma un nido; cioè un'opera parallela presa dalla vita agreste vivendo in mezzo alla quale questo eremita gelava durante i freddi dell'inverno e ardeva durante i caldi estivi, in conformità con i versi innologici della Chiesa. La "mente salda" e gli occhi "del viso angelico" del santo David rivolti verso Cristo che salì sulla croce, rafforzarono l'asceta e lo fecero restare sulla "pianta" indifferente alle avversità meteorologiche. In un lungo encomio per questo dendrite, che scrisse l'imperatore Manuele II Paleologo, il suddetto santo nell'albero viene paragonato a una statua fatta di materia inanimata, esposta al caldo esagerato, al freddo rigido. alle piogge violente, allo scrosciare della grandine, al gelo e agli innumerevoli assalti dei mali. Bisogna ancora notare che nella parte sinistra dell'affresco e al di sopra c'è la scritta "il santo David di Salonicco". Quest'opera di Costantinopoli è, diremmo, manifestazione e testimonianza di stima verso questo dendrite da parte degli artisti e, per mezzo di essi, del popolo della casa regnante. La venuta del santo a Costantinopoli per ottenere l'appoggio di Teodora, moglie di Giustiniano, a vantaggio degli abitanti di Salonicco e le fortunate conversazioni di questo eremita nel palazzo, erano fatti storici indimenticabili per l'affreschista del monastero di Choras. Tutti questi fatti contribuirono a far sì che il pittore includesse anche questo dentrite nel suo catalogo iconografico.

Allo stesso periodo, cioè al XIV secolo, e precisamente a metà o a fine secolo, appartiene un altro affresco proveniente dal nartece del grande tempio a tre nicchie del profeta Elia a Salonicco, seguendo la tradizione di rappresentazione del santo David. La raffigurazione, che in alcune parti (volto dell'asceta, sezioni del lato destro e sinistro dell'albero) è rovinata, rappresenta, in antitesi con la precedente, tutto quanto il corpo del santo seduto sopra l'albero in posizione frontale. Nonostante manchi il viso, riporta la nota lunga barba. Le sue mani sono in atteggiamento analogo alla posizione delle mani della rappresentazione del monastero di Choras. I piedi poggiano là dove si spartiscono i grandi rami dell'albero. Questo tipo di raffigurazione è quello tradizionale che si vede nelle tele copte, nelle quali si osserva l'apparizione di Dioniso su una pergola, che germoglia da un angolo. Questo particolare viene ripreso in molti documenti iconografici con diverse attribuzioni formali e, molte volte, con la raffigurazione della mano di Dio (manus Dei).

Più tardi nel XV secolo il tema si incontra in un affresco del vecchio altare maggiore del monastero della Trasfigurazione delle Meteore, e precisamente nell'anno 1484. La posizione del santo David è di fianco sull'albero, particolarità che non si nota in nessuna delle predette raffigurazioni pittoriche. Il dentrite è rivolto verso destra, seduto sul tronco centrale, che si diparte ancora, sollevando le mani in posizione di preghiera e implorazione. Tra l'altro indossa l'usuale abito monastico, è scalzo e appoggia le piante dei piedi sul tronco dell'albero. La sua ricca barba arriva fino alle tibie delle gambe. Il contegno del suo volto e tutto l'atteggiamento somatico dimostrano il suo carattere angelico e la "figura abramitica del santo". La più nota scritta occupa l'estremità in alto dell'affresco. "Questo angelo celeste" viene ritratto più tardi in manuali di pittori russi. Dopo la data del 26 giugno (commemorazione del santo) di una esegesi pittorica di Strogonov, datato alla fine del XVI secolo e gli inizi del XVII, c'è la sua raffigurazione. In un paesaggio con monti scolpiti in modo graduale, ripreso in tutta l'iconografia bizantina, si innalza raffigurato un albero senza rami. Dall'estremità del tronco si forma il complesso del fogliame dell'albero, che è stato reso certo schematicamente. In mezzo ai rami sta propriamente seduto David, ma, questa volta, rivolto verso destra. La sua barba è corta ed è quindi originale in rapporto agli esempi della paleologia pittorica e in antitesi certamente con le notizie agiologiche riguardanti la sua vita. Nella mano sinistra, che tiene davanti, sopra le ginocchia piegate, stringe un volume che è solito in simili rappresentazioni. Sia tratta di un'aggiunta iconografica che è contenuta in tutte le Espressioni e nei Manuali riguardanti la pittura bizantina. La sua mano destra è un po' alzata e con la posizione delle dita dimostra un gesto di benedizione. Un'altra opera simile, la Esegesi di pittura del Novgorod, del XVI secolo, con analoga rappresentazione del santo, dà le seguenti note informative: "David di Salonicco di colore cenere come Blasio, sta seduto su un albero. L'albero è grosso vicino al suolo. David indossa una tonaca color ocra con ombre biancastre. Vicino a lui, sopra l'albero, ci sono tre uccellini". In una terza Esegesi di pittura, scritta nella antica lingua slavonica, spicca la modellata figura del santo David con la differenza che egli è rivolto a sinistra, ricordando la corrispondente rappresentazione delle Meteore. Secondo la descrizione che proviene dal compilatore di quest'opera, viene indicata la specie dell'albero su cui siede il santo. Si tratta di una grande quercia, fatto che è in contrasto certamente con le informazioni agiologiche. L'albero che si erge su una specie di tavolato, è circondato da un laghetto e da un boschetto. Dall'albero pende un orcio legato con una fune e conterrà certamente acqua, indispensabile per le necessità dell'asceta. Inoltre sono raffigurati tre uccellini posati sull'albero. Dall'area geografica della Romania proviene un affresco del XVI secolo della chiesa di san Nicola nel Balinesti della Moldavia, che continua l'iconografia di quell'albero dell'epoca bizantina.

Molte volte tuttavia la rappresentazione del dendrite in questione cambia con la rappresentazione dello stilita e l'albero è stato sostituito da una colonna. Ciò avviene, penso, a causa di una confusione delle fonti agiologiche e dell'errata abitudine dei pittori di raffigurare con maggiore ampiezza la rappresentazione degli stiliti che si incontra, come si sa, in più numerosi documenti iconografici. Alcuni esempi che fanno conoscere san David come stilita, sono un affresco del monastero di Serbia Studenica, del XIV secolo, un sigillo del museo della città russa Tver, del 1159 (probabile raffigurazione del santo, che ha una lunga barba), un altro sigillo di piombo in un verso del quale viene rappresentato questo asceta sopra una colonna o un albero, accompagnato dall'immancabile scritta con il suo nome, un affresco probabilmente del XVI secolo, a Moldivitsa di Romania e ancora un affresco del 1621 nell'Altare del monastero Chilandari al Monte Athos.

La rappresentazione e le annotazioni dei suddetti documenti iconografici dell'epoca bizantina e postbizantina costituiscono una conoscenza completa e concreta per il più illustre dendrite cristiano


da
SIMPOSIO CRISTIANO,
Ed. Istituto di Studi Teologici Ortodossi "S. Gregorio Palamas", Milano 1994, pp. 127-131
Traduzione di Enrico Galbiati