CHI E' ULISSE
Di Christos Malevitsis
Ulisse è l'eroe della guerra di Troia, ma la sua natura è assai diversa da quella degli altri eroi. Ed è precisamente questa la qualità che lo rende adatto a diventare l'eroe dell'Odissea. Egli è prode, come lo sono gli altri celebri eroi. Lui, però, è anche astuto, malizioso, bugiardo, visionario, scaltro. Nutre anche un costante forte per la patria, per sua moglie, per i suoi compagni, e ha un grande rispetto per gli dei e per gli uomini. Si serve della sua astuzia per avere la meglio nei momenti avversi. Queste sue qualità non sono orizzontali ma verticali. Si tratta, cioè, di un modo per esprimere il suo rapporto con le potenze dell'inconscio. Da qui hanno origine anche le numerose trasformazioni e metamorfosi di Ulisse: cencioso, povero, vecchio, giovane. Ciò significa che egli si muove in ogni piano del conscio e dell'inconscio, per questo era l'unico in grado di arrivare fino alla spelonca del mostro, Polifemo.
Ed è assai significativo che lui solo, trasformato, riuscì a varcare le mura di Troia e a incontrare Elena, cioè a raggiungere l'altro lato della yuchv, quello oscuro, e a incontrare l'anima [in latino e in corsivo nel testo, n. d. T.]. Del resto sono numerosi i suoi incontri con l'anima che viene di volta in volta caratterizzata con una diversa terminologia. Tutto ciò tradisce l'elemento mitico della personalità di Ulisse, la quale, per molti aspetti somiglia al trickster di tutte le mitologie. Il corrispettivo in ambito divino è Ermes, messaggero, assassino e ladro. Per questa sua capacità di adeguarsi ai mutamenti è il protettore del commercio. Se Ermes reca notizie dal mondo celeste, Ulisse reca notizie dal mondo infernale dell'inconscio, quando ritorna dall'Ade e dalle dimore dei mostri. "In tutte le mitologie i tricksters" dice McLinscott Ricketts "sono degli impostori, malvagi, amoralisti, sessualmente iperattivi, spezzano i tabù, sono crapuloni e ladri, s'imbarcano in avventure, sono vanitosi, ma non sono veramente cattivi o malevoli... Il trickster vince o trasforma le cose cattive e, come lo sciamano, s'aggira nella terra degli spiriti o dei morti". (Encyclopaedia of Religion, v. 15, p. 4)
Così la personalità di Ulisse è inserita entro una tipologia mitologica universale. In Omero Ulisse diventa una forma paradigmatica dello spirito greco anche se, alla fine, la sua ombra raggiunge il fondo del mito universale. Che Ulisse fosse un personaggio predestinato lo si capisce dalla ferita inflittagli a un piede da un cinghiale. Questo fatto ha un'importanza grandissima. Infatti sin dalla più remota antichità il cinghiale era un animale estremamente sacro. Di conseguenza le ferite che infliggeva erano un segno divino. E poi il piede è un punto segnato dalla divinità. Achille era vulnerabile nel tallone, i piedi di Edipo erano tumefatti, Filottete aveva i piedi piagati. Tutti questi personaggi erano stati "seshmasmevnoi", cioè segnati, nei piedi dalla sorte. Di conseguenza erano anche in comunicazione col mondo degli dei che rimaneva ignoto all'eroe comune. Ma anche nel mondo degli dei Ermes aveva le ali ai piedi e Efesto era zoppo. Nei tempi remotissimi il re sacro moriva a causa di una ferita al "sacro tallone". Vi sono anche rappresentazioni di dei che hanno serpenti al posto dei piedi. Anche il serpente era un animale molto sacro. Così, negli uomini segnati dalla divinità, il piede sostituisce il serpente e conserva qualcosa della sua mistericità.
Nell'Iliade Ulisse è un eroe "storico" mentre nell'Odissea è un eroe "mitico". Nell'Iliade abbiamo la storicizzazione del mito. Nell'Odissea invece abbiamo mito puro. Con questo non vogliamo dire che nell'Iliade abbiamo storia. No. Anche lì abbiamo a che fare col mito. Ma nell'Iliade il mito si condensa in categorie storiche, mentre nell'Odissea conserva intatti gli archetipi a-storici. Nell'Iliade vi sono eserciti, battaglie, carri, armi, mura, assedianti, assediati, stratagemmi. Nell'Odissea vi sono i Lotofagi, i Lestrigoni, mostri, maghe, dee, mondo infernale. Soltanto Ulisse si muove su entrambi i piani che potremmo chiamare "conscio" quello dell'Iliade, e "inconscio" quello dell'Odissea. Soltanto il trickster è capace di vivere e combattere su questi due piani. È certo che quando diciamo "inconscio" intendiamo il mondo degli archetipi mitici che ci è noto, che si dispiega nella narrazione come un sogno. Questi archetipi sono tanto esistenti quanto sono esistenti le potenze storiche dell'Iliade. Nonostante la evidente differenza tra i due poemi epici, essi hanno determinati punti critici in comune. In entrambi l'eroe, o gli eroi, lottano per la liberazione o per la conquista dell'anima. Per quella di Elena nell'Iliade, per quella di Penelope nell'Odissea. Cioè l'eroe si batte per la completezza della sua personalità, mentre quest'ultima giunge a compimento solo con la conquista dell'altra metà, dove abita l'anima. Questo concetto di Omero fa emergere alla superficie la verità nascosta dell'esistenza umana. Ed è anche grandiosa, dato che la poesia che permette la narrazione degli eventi è prodigamente offerta dalla genialità di Omero. Ma l'avvicinarsi all'anima implica duri ostacoli. Nell'Iliade tale avvicinamento è rappresentato dalle mura e dai suoi difensori. Nell'Odissea dal pericoloso passare di isola in isola e dal "muro" dei pretendenti. E comunque, sia ai piedi di Elena che a quelli di Penelope viene versato moltissimo sangue. Questo sostituisce gli antichi sacrifici davanti alle dee, dato che esse sono diventate familiari. Tuttavia in entrambi i poemi epici la dura lotta, l'eroismo, la perseveranza e il valore non sortono alcun effetto. La fortezza di Troia non cade, E Ulisse solo, ignudo e sfinito, non si sbarazza del mare ostile nella sua isola, bensì a Scheria. Questo significa che non puoi familiarizzarti con il mondo dell'anima avvicinandoti direttamente ad esso, per quanto tu possa sforzarti, per quanto tu possa viaggiare. Perché il mondo dell'anima è collocato su un piano diverso. E il passaggio all'altro piano non avviene con i mezzi che avevi a disposizione sul piano di partenza, per potenti che possano essere, come l'eroismo. Il passaggio all'altro piano esistenziale avviene in maniera iniziatica. Avviene tramite il ritorno al "grembo cosmico" (regressus ad uterum) e la rinascita sull'altro piano. Nell'Iliade il ritorno al grembo ha luogo quando gli eroi vengono rinchiusi nel ventre del cavallo di legno. E nell'Odissea ha luogo quando Ulisse si addormenta sulla nave magica dei Feaci. In entrambi i casi è Ulisse, il trickster, che partecipa dei due mondi, quello del conscio e quello dell'inconscio. Nel caso del Cavallo di Troia sono insieme a lui anche altri eroi, ma lui ne è il capo. E lui solo comprese le parole magiche pronunciate da Elena quando andò intorno al cavallo di legno. Imitava la voce delle mogli degli eroi. Anch'essi erano pronti ad aprire la botola e a intervenire. Ulisse che capiva la maga, glielo impedì. E la fortezza cadde. Soltanto questo poteva tramandare il mito nella Iliade storicheggiante. Mentre nella mitica Odissea il passaggio all'altro piano, quello esistenziale, si compì con tutto lo sfarzo e il fascino del mito archetipico. E in entrambi i casi per mezzo di Ulisse.
Da Efthyni, 287, 1995, pp. 548-550.
Trad. dal neogreco di Mauro Giachetti