S»meron
tÁj swthr…aj ¹mîn tÕ kef£laion
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Oggi è il vertice della
nostra salvezza la
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kaˆ toà ap
a„înoj musthr…ou ¹ fanšrwsij:
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manifestazione dell’eterno mistero; |
ÐUƒÕj
toà Qeoà UƒÕj tÁj parqšnou g…netai,
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Il Figlio di Dio diventa figlio della Vergine, |
kaˆ
Gabri¾l t¾n c£rin eÙaggel…qetai.
|
e Gabriele annunzia la grazia.
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DiÕ
kaˆ ¹me‹j sÝn aÙtù
|
Perciò anche noi con lui
|
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QeotÒkJ bo»swmen:
|
Alla Madre di Dio gridiamo:
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Ca‹re
kecaritwmšnh:
|
Allietati piena di grazia;
|
Ð
KÚrioj met¦ soà . |
il Signore è con te
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I testi delle
ufficiature liturgiche (¢kolouq…ai) sono l’espressione
dell’esperienza del Mistero di Cristo vissuta dalla Chiesa la quale in esse
esprime e comunica la propria
autocoscienza . Il culto infatti vive la Tradizione e nella
Tradizione la quale « consiste nel conoscere in modo vitale la persona di
Cristo nei suoi atti salvifici che i profeti hanno annunciato e che gli
Apostoli hanno interpretato e messo in pratica.
La Tradizione è dunque la conoscenza degli
atti salvifici di Cristo nell’applicazione concreta che ne hanno fatto gli
Apostoli, nella preghiera, nei sacramenti e nella vita cristiana condotta
secondo la volontà di Cristo e secondo il suo modello. E’ la continuità , nei
secoli posteriori, di questa
applicazione concreta. ».[1]
Nell’ apolitikion dell’
Annunciazione sono espressi i temi
essenziali dell’evento, di cui si fa memoria in questa grande solennità, che la Chiesa vuole proporre alla meditazione
del popolo cristiano perché faccia esperienza viva della persona di Cristo, nei
momenti più significativi e decisivi per la nostra salvezza. Certamente gli
altri testi delle ufficiature approfondiscono quanto qui è sinteticamente
proposto, ed una adeguata analisi di tutti i testi, lavoro impossibile in uno
scritto che vuole essere breve, metterebbe in rilievo la ricchezza e la
profondità della coscienza che la Chiesa ha dei gesti salvifici di Cristo, come
ha fatto Kostantin Andronikov, nei suoi
studi sulle grandi feste dell’anno liturgico.
Nella sua essenziale brevità, la composizione
poetica, che ci accingiamo ad analizzare,
contiene quattro elementi fondamentali che caratterizzano il cristianesimo. Il Mistero di Dio diventa un
evento storico nella persona di Cristo
che opera la salvezza per l’uomo, e la opera oggi.
Ma
anche solo un’approfondita ed esauriente analisi, con tutte le sfumature e conseguenze dei temi indicati,
con riferimento alla Sacra Scrittura, alla riflessione dei Padri, darebbe
origine è un’intera opera teologia. Sia
consentito allora qui limitarci a cogliere in profondità il significato essenziale di questi quattro
elementi nel loro inscindibile intreccio per capire che tutta la novità del cristianesimo è qui
raccolta nei suoi elementi
costitutivi.
Non è quindi un dotto
commento a questo testo che qui interessa, bensì la riscoperta del significato
esistenziale delle parole che l’autore ha comunicato perché sgorgate da un’esperienza
vitale. L’approccio metodologico
caratterizzato dall’esperienza dell’evento che costituisce il Cristianesimo è
giustificato dalla decisiva considerazione che è proprio questa esperienza la
base dell’annuncio cristiano ed è solo in forza di essa che il cristianesimo
non si riduce a mito , ad ideologia, a filosofia ma è il lieto annuncio di un
fatto, di un evento che interpella l’uomo, chiede cioè la sua libera adesione
per poter essere conosciuto,
vissuto, comunicato.
Non si può dimenticare
che la teologia cristiana , ed in particolare la teologia dogmatica, non si
riduce ad un’ingegnosa esposizione logicamente costruita, ma ha nell’esperienza del mistero di Cristo la
sua radice, avulsa dalla quale, diventa un esercizio intellettualistico che divide invece di far crescere la
coscienza ecclesiale. Ben
opportunamente Nikos Matsoukas sottolinea: «La parola su Dio, ossia
l’insegnamento teologico, si fonda sull’esperienza di vita all’interno della
comunità storica, il cammino di questa comunità, attraverso ricadute e
risalite, è caratterizzato da una continuità ininterrotta, poiché la comunità e
le persone carismatiche incarnano in ogni epoca, il contenuto della vita del
popolo.»[2]
1. Il mistero di Dio
Nella sua breve sintesi sulla teologia
ortodossa che, come dice il titolo originario dell’opera, vuol essere un sillabario della fede,
Christos Yannaras si rende conto
che la sua esposizione è la risposta ad
una domanda, ed è tanto più significativa quanto più la domanda stessa mette in movimento tutti gli aspetti della
vita dell’uomo. Per tale motivo, proprio all’inizio della sua sintesi afferma
che la domanda religiosa è strutturalmente connessa con l’uomo e il bisogno del
religioso è naturalmente insito in lui. « C’è nell’uomo, nel cuore della stessa
“natura”, il bisogno spontaneo di rimettersi a qualcosa che lo superi, ad un’esistenza
molto più alta della sua.»[3]
L’esperienza
esistenziale del Mistero è
pertanto per l’uomo, il fattore
elementare, il dato originario perché, com’è stato acutamente osservato : « Il
fattore religioso rappresenta la natura del nostro io in quanto si esprime in
certe domande: “ qual è il significato ultimo dell’esistenza? ”, “Perché c’è il
dolore, la morte, perché in fondo vale
la pena di vivere ? ” . O, da un
altro punto di vista: “ Di che cosa e
per che cosa è fatta la realtà ? ” . Ecco, il senso religioso si pone dentro la
realtà del nostro io a livello di queste domande: coincide con quel radicale impegno del nostro io con la vita, che si
documenta in queste domande.»[4]
Queste domande
sgorgano dal fondo dell’essere umano, sono inestirpabili, perché costituiscono
come la stoffa di cui l’uomo è fatto. L’esperienza del Mistero quindi fa parte
dell’esperienza strutturale dell’uomo il quale si accorge che qualunque suo
moto ha questa sorgente, ha questa radice energica, egli è secondario e dipendente
da questa fonte ultima , radicale , originale ed enigmatica.
Il Mistero è allora
quella parola che lo sguardo umano attento, cioè non distratto da fattori che
lo portano a negare o ridurre le domande del senso religioso, in tutte le
epoche della storia, osservando la realtà, ha
sempre dovuto in qualche modo pensare e dire riconoscendo che il Mistero
di Dio è Colui da cui siamo, per cui siamo, di cui siamo. Al di là di tutti i
suoi possibili pensieri e di tutti i
possibili progetti l’uomo percepisce esistenzialmente di sorgere dal
Mistero di Dio senza poter pretendere di conoscere questa sorgente inesauribile, ineffabile. Infatti, per indicarlo,
egli deve usare sempre parole negative perché non può usarne una che lo sappia
definire. Se noi pretendessimo di definire il Mistero , in qualsiasi modalità
escogitata e metodologicamente costruita dal sapere, , il nostro dire sarebbe falso.
Da una parte noi percepiamo la presenza del Mistero
perché in ogni momento del nostro vivere siamo immersi in esso, ne sorgiamo e
ne siamo alimentati, vale a dire perché strutturalmente siamo opera sua in cui
Egli si manifesta, e quindi gli apparteniamo ontologicamente. D’altra parte,
quando sopra questa esperienza originaria lasciamo prevalere i nostri concetti
e progetti, viviamo nella dimenticanza di questa strutturale appartenenza al
Mistero creiamo col mito una religione antropocentrica che
si sente capace di piegare il Mistero ai nostri desideri ed è quindi destinata
a rassicurare e fortificare l’uomo. Oppure
cerchiamo con la forza della nostra ragione di fare un discorso su Dio,
una teologia, con la quale di fatto pretendiamo di determinarlo e di dominarlo
razionalmente mediante i concetti. Questi però riescono solo a cogliere delle
proprietà , degli attributi che non esprimono l’essenza del Mistero bensì
alcune caratteristiche che desumiamo dalla struttura del mondo, l’opera che
Egli ha prodotto. Se identifichiamo gli attributi con l’essenza divina, che in
questo modo cessa di essere Mistero, noi creiamo degli idoli come giustamente afferma San Gregorio
di Nissa: « I concetti creano gli idoli
di Dio, soltanto lo stupore coglie qualcosa,»[5]
. Ma lo stupore di cui qui si parla non coincide con la meraviglia
intellettuale, di cui parla Aristotele, che muove la ricerca della ragione che
porta al sapere. Lo stupore è originato da un’esperienza vitale, da una
relazione personale che interpella e
coinvolge. I concetti riducono Dio ad
un’astrazione della mente e non permettono di avvertire che il Mistero è
infinitamente più grande dell’astrattezza del concetto dentro cui lo si vuole ricondurre. Con questo atteggiamento riduttivo l’uomo si preclude
la possibilità di riconoscere le
manifestazioni del Mistero nel mondo e nella storia, nega la possibilità
di un incontro personale con Lui.
E’ all’esperienza originaria e fondamentale,
della quale si è parlato, che San Paolo fece riferimento quando si rivolse ai filosofi che
insegnavano ad Atene, riunitisi sull’Areopago per ascoltare una nuova dottrina. Prendendo spunto da un’ara
dedicata ad un dio sconosciuto, riaffermò che essi al di là dei miti
percepivano di essere avvolti dal Mistero
« En
aÙtù g¦r zîmen, kinoÚmeqa, kaˆ ™smšn ».[6]
Ed è con un atteggiamento ed una mentalità
totalmente permeata sia di religiosità mitica , ma soprattutto di intellettualismo che i sapienti, tra i quali, negli Atti
degli Apostoli, sono specificamente
menzionati gli stoici, hanno rifiutato
ogni credibilità alla testimonianza di Paolo che annunciava che Dio misterioso,
che essi cercavano, si è manifestato
compiutamente in un fatto accaduto nella storia. [7]
E, proprio lo
stoicismo è una delle forme più
significative della negazione pratica
del senso religioso che si preclude la possibilità del rapporto personale col
Mistero e quindi ritiene folle l’annuncio di tale evento. « L’aspetto più
nobile , più formato, più filosoficamente motivato, unica alternativa dignitosa
all’impegno di una vita sinceramente religiosa, cioè veramente impegnata con
quelle domande[ che costituiscono il senso religioso], è l’ideale stoico
dell’atarassia , dell’imperturbabilità .»[8].
2. Il progetto di Dio: la divina economia
E’ un fatto che il
Mistero di Dio si è rivelato creando il mondo e manifestandosi all’uomo nella
storia. «Perciò, - come si esprime Nikos
Matsoukas in una sintesi
particolarmente efficace - la
rivelazione si comprende bene solo attraverso le continue teofanie nel mondo e nella storia. Per mezzo
delle teofanie, la storia, in alcuni suoi concreti avvenimenti, diventa la
storia della divina economia. Dio, inaccessibile secondo natura, diventa
accessibile nelle sue energie tramite
le teofanie. Ne consegue che la rivelazione non la si può considerare come
qualcosa di statico, ma di dinamico, di storico, di vivo, proprio perché si
compie nell’ambito delle continue teofanie. Dio, benché sia inconoscibile da
parte delle creature secondo la sua essenza increata, diventa conoscibile in
modo dinamico secondo le sue energie.»[9]
Attraverso le teofanie
è visibile una continuità ininterrotta
tra la dimensione biblica ed ecclesiale; un unico disegno si dipana tra la
creazione ed il secolo venturo.
Esso si compie gradualmente nel
tempo, perché questa è la dimensione dell’uomo. Tale disegno è operato da Dio
in un rapporto che fa sperimentare all’uomo la presenza, potenza , la verità, la
fedeltà, la misericordia, la
tenerezza.[10]
La creazione, la caduta con le sue drammatiche
conseguenze, la scelta del popolo eletto con le sue vicende ora grandiose ora
drammatiche, tutto costituisce un cammino storico in cui si fa presente e si
manifesta la Tri-unità vivente e
comunicante. In particolare il popolo
nato da Abramo vive la compagnia di Dio, lo incontra in momenti che danno un
volto, uno spessore ed un significato del tutto peculiare alla sua identità di
popolo. Esso vive un’appartenenza che protegge e che promette la felicità alla
quale ogni uomo aspira . L’infedeltà del popolo vanifica continuamente la
coscienza che la sua identità è essenzialmente costituita e plasmata da eventi
storici nei quali il Signore Dio mostra in modo eclatante la sua potente
presenza.[11] La stessa
infedeltà tende a rovinare e a stravolgere il progetto preparato, annunciato ed
attuato. Ma Egli, con pazienza e sapienza,
riprende quel disegno sfigurato e lo fa apparire ancora più bello, più
rispondente alla promessa di realizzazione del desiderio del cuore dell’uomo
che anela alla completa realizzazione di sé ma si ostina a perseguirla con un
criterio di indipendenza e di autonomia che lo precipita in situazioni
catastrofiche. Egli crede che per realizzare la propria umanità, per conseguire
la propria felicità, deve por mano ad
un progetto elaborato dalla sua intelligenza
e realizzare la propria libertà sottraendosi al peso di una presenza che
crede umiliarlo, soffocarlo, sottrargli la propria indipendenza.
Ma la fedeltà di Dio è
più forte e più stabile dell’infedeltà umana e, se talvolta costruisce
abbattendo, porta a compimento i suo disegno appoggiandosi sul riconoscimento e
sulla disponibilità dell’uomo che liberamente lo accetta, si lascia coinvolgere
dal progetto di Dio, anche se immediatamente non gli è totalmente chiaro.
L’uomo, che accetta il compito che Dio gli affida, riconosce di appartenergli
ontologicamente e ricorda con amore e
gratitudine le meraviglie che Dio ha operato ed opera per il popolo che lo
accoglie e si abbandona fiduciosamente
a Lui.
Nello stupore , nella partecipazione e nella
contemplazione è possibile cogliere il senso delle teofanie del Mistero che si
rivela. Non è facile[12]
però per l’uomo intuire la profondità
abissale che la visione unitaria della divina economia porta con sé.
Innanzitutto ciò è dovuto al fatto che la
consistenza del disegno divino nella storia sgorga direttamente dalla
profondità ineffabile della Tri-unità ed è
espressione energetica del
Mistero trinitario nel Logos asarkos (non incarnato ) e nel Logos ensarkos ( nella carne ), secondo il costante
pensiero dei Padri. In secondo luogo, pur avendo realizzato il suo vertice
totalizzante nel Mistero di Cristo, la divina economia non ha ancora raggiunto
la sua completa e definitiva conclusione perché la compagnia di Dio all’uomo si
prolunga ancora nel tempo e non si è ancora realizzata la definitiva
trasfigurazione del mondo e della storia. Sappiamo che avverrà ma non come si
realizzerà . La chiave di volta di questa comprensione è “ la vita in Cristo ”
nella quale siamo trasformati progressivamente dalla potenza delle energie
divine che attraverso Lui realizzano la divinizzazione dell’uomo.
3.
La
salvezza
Il Logos si incarna
e così Dio stesso entra nella storia in un modo del tutto particolare.
La teofania della Trinità nel Logos incarnato acquista una profondità
ed uno spessore altrimenti
inimmaginabile; la presenza di Dio nella storia assume una stabilità
definitiva. Il Figlio di Dio diventa il Figlio della Vergine ed il mistero di Cristo diventa il modo
definitivo attraverso il quale il
Mistero trinitario decide di essere presenza che accompagna e trasforma l’uomo perché possa realizzare pienamente il proprio volto
umano, la somiglianza con Dio secondo il progetto divino. E’ questo il senso
della parola “ salvezza ” che i Padri hanno sintetizzato nell’espressione: «
l’uomo diventa per grazia ciò che Dio è per natura ».
Affermare che Dio è
diventato uomo e che la sua umanità possiede tutte le caratteristiche proprie
della natura umana implica che l’incarnazione è un evento cosmico assolutamente imprevedibile, è una nuova
creazione nel quale « la creatura si
rinnova ed il Creatore diventa creatura
».[13]Il
peccato dell’uomo getta la creazione nella morte e nel decadimento, ma la
restaurazione dell’uomo in Cristo è una restaurazione del cosmo nella sua
bellezza originaria. Certamente questo evento cosmico, che comporta la
glorificazione dell’uomo e quindi
dell’intera creazione, ha la propria completa realizzazione in una dimensione escatologica.
« Nella persona di
Cristo, nella realtà sacramentale del suo corpo e nella vita dei santi è
anticipata la trasfigurazione
dell’intero cosmo; ma il suo compimento in potenza deve ancora venire.»[14]
Nel Mistero di Dio che
si fa uomo, cioè nel mistero di Cristo, si rende manifesto (fanšrwtai ),
anche se non totalmente comprensibile, il progetto che il Mistero di
Dio ha concepito per l’uomo da sempre e che è
rimasto misterioso e nascosto fino alla sua realizzazione. ( toà
¢p a„înoj musthr…ou ). Questo progetto riempie di
stupore l’angelo che porta l’annuncio del dono ( c£rin )
stupefacente e sorpendente. Stupisce anche la Madre di Dio perché il disegno di
Dio si rivela al di là di ogni umana immaginazione.
Il dono gratuito e pieno
di grazia è la stessa persona di Cristo, il Figlio di Dio che diventa Figlio
della Vergine. L’evento Cristo, il volto umano del Mistero, è il vertice del
disegno di Dio e nello stesso tempo la totalità della salvezza (kef£ laion).
L’incarnazione è bensì l’inizio della vita umana di Cristo, ma questo annuncio è la proclamazione della salvezza nella sua interezza. Certamente Cristo vivendo la dimensione temporale dell’uomo compie una pluralità di gesti e proferisce in modi diversi il lieto annuncio della salvezza . Ma tutte queste espressioni sono modi in cui la persona di Cristo si pone e si comunica ; la salvezza è presente nella sua totalità nella persona stessa di Cristo che parla ed agisce.
La Tradizione ha voluto,
nelle dodici grandi feste dell’anno liturgico, sottolineare gli aspetti più
densi di significato della vita di Cristo ma quello che importa sottolineare è
che la salvezza è il soggetto di quei gesti, la persona stessa di Cristo che è
la compagnia stabile e definitiva del mistero di Dio con l’uomo.
Le ufficiature
non si limitano ad una commemorazione storica di un evento passato,
avvenuto circa duemila anni or sono. Non si tratta solamente di una memoria
storica, perché nel culto la Chiesa rende attuale, incontrabile, e quindi
sperimentabile, l’avvenimento che viene ricordato.
«La liturgia è una teofania che si ripete, in cui i
fedeli, dopo l’invio dello Spirito Santo, vedono “ la luce vera ” e gustano la
vita e la teognosia. La preghiera dell’Anafora
della liturgia greco-ortodossa ricorda tutta la storia della divina
economia a partire dalla creazione : “ Tu dal non essere all’essere ci hai
creato e, caduti, ci hai innalzato di nuovo e non hai smesso di fare tutto e,
infine, ci hai introdotto nei cieli e ci hai regalato il tuo regno
futuro…..Manda il tuo Santo Spirito su di noi e su questi doni, ” »
Oggi, ( s»meron ) parola con cui inizia l’apolitikion della festa
dell’Annunciazione, esprime con la massima forza questa verità . Nella memoria
liturgica, che solo la Chiesa può fare, l’incarnazione di Cristo avviene oggi
perché nella Chiesa il mistero di Cristo è contemporaneo di tutti i momenti
dello spazio e del tempo per opera della potenza dello Spirito Santo .
La Chiesa infatti è la memoria vivente del mistero
di Cristo risorto che diventa in questo modo incontrabile da tutti come
avvenne, secondo la testimonianza degli Atti degli Apostoli, a San Paolo sulla
via di Damasco e provoca una decisione per l’esistenza. Solo una completa
ecclesiologia può chiarire come, secondo la Tradizione , la Chiesa è questa
memoria. Accontentiamoci qui di chiarire il significato preciso di questa
espressione. « “Memoria” indica la profondità storica dell’incontro, fino a
raggiungere la radice da cui ultimamente esso nasce. L’incontro fatto oggi è
vero perché Egli, Gesù Cristo, nato da Maria Vergine, è morto ed è risorto, è
asceso al cielo e investe la realtà con il Suo Spirito. Quest’incontro vale per
un fatto accaduto duemila anni fa. La fede è coscienza di una presenza che è
incominciata nel passato: per questo l’incontro attiva la memoria.
Soffermiamoci ancora sulla parola “incontro”. Essa non indica il semplice
imbattersi in qualcosa che entra nell’orizzonte della nostra esistenza, ma
l’accadere in tale orizzonte di una presenza capace di cambiare interamente la
vita: l’incontro acquista così il diritto di chiamarsi “avvenimento” secondo
tutta la pienezza del termine. L’incontro si caratterizza come impatto con
qualcosa d’eccezionale, capace di “metamorfizzare” la vita, cambiandone la
forma, lo schema, così da creare un mondo nuovo ».[15]
Con
questa consapevolezza, che cioè
l’azione liturgica è memoria nel senso sopra indicato, l’innografo invita ad unirci all’arcangelo
Gabriele nello stupore di fronte all’evento che annunzia che corrisponde allo stupore di Maria per il tipo di
saluto ricevuto. Soprattutto ci invita
a ripetere con lui il saluto che profondamente sconvolse, perché denso di
significati profondi, e che fece a lungo riflettere la Vergine Maria sul
significato del saluto ricevuto.[16]Il
modo di parlare dell’angelo, nel significato semitico che affiora sotto le
parole greche, aveva lasciato chiaramente intendere che a Maria stava per
essere affidata una particolare missione, proporzionata ai singolari doni da
lei ricevuto da Dio.
In conclusione, il sacro
poeta , immerso nella realtà di Cristo, che la Chiesa vive e trasmette, ci
offre l’esperienza dell’evento della incarnazione e la contemplazione del mistero dell’Annunciazione perché anche
noi possiamo stupire di fronte al gesto
di Dio che ci sorprende e ci salva.
[2] Nikos Matsoukas, Teologia dogmatica e simbolica, Roma 1995, vol. 1 , pag . 95.
[3] Christos Yannaras, la Fede dell’esperienza ecclesiale,
Brescia 1993, pag, 17.
[4] Luigi Giussani, Il senso religioso, Rizzoli, Milano,
1997, pag. 59.
[5] Gregorio di Nissa, La
vita di Mosé, P.G. 44, col. 377 B
[6] Atti 17, 28
[7] Cfr. Atti 17, 16-34
[8] Luigi Giussani, Il senso religioso, op.cit, pag, 88
[9] Nikos Matsoukas, Teologia dogmatica e simbolica, vol. 2
op, cit. pag .29.
[10] Si veda : B. Bobrinskoy, Le
Mystère de la Trinité, Parigi 1986, pag, 63-69.
[11] Il noto tetragramma hvhy non indica il nome proprio di
Dio ma la continua manifestazione della sua protezione. Esso significa: “ Io
sono presente.”
[12] « Colui che vuole ascoltare o parlare di Dio occorre che sappia
bene che non tutte le cose della teologia e dell’ economia sono indicibili, né
tutte dicibili; né tutte inconoscibili, né tutte conoscibili. Infatti altra
cosa è il conoscibile e altra il dicibile, come altra cosa è il parlare e altra
il conoscere. » . Giovanni Damasceno, Della
fede ortodossa, PG 094,792B
[13] Neourge‹tai
¹ kt…sij: brefourge‹tai Ð Kt…sthj. Inno Akathistos, prima stasis.
[14] John Meyendorff, La teologia bizantina, Marietti, Torino, 1984, pag. 187
[15] A,V., Generare tracce nella storia del mondo, Rizzoli, Milano, 1988, pag,
38.
[16] Luca, 1, 28-29